martedì 28 febbraio 2017

3985. Anche gli psicologi avranno il titolo di educatore professionale


In Parlamento si discute della nuova normativa sulla figura professionale a cui tengo molto. Peccato che abbiano introdotto una serie di subemendamenti tra cui ne spicca almeno uno, riferito all'articolo 13. In pratica avranno il titolo di educatori gli psicologi iscritto all'albo e che soddisferanno uno dei seguenti criteri:
che abbiano svolto l'attività di educatore in ambito socio-sanitario per un periodo non inferiore a tre anni, anche non continuativi, da dimostrare mediante dichiarazione del datore di lavoro ovvero autocertificazione dell'interessato ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445;
oppure che abbiano conseguito o acquisiranno entro 3 anni, complessivamente almeno 60 CFU nei settori MED/05, MED/42, MED/48, M-PED/01, M-PED/02, M-PED/03, M-PED/04 presso un corso di laurea della classe L/SNT2.
A parte i tecnicismi, questa bella norma offrirà un bel titolo di studio a tutti quei psicologi che da anni lavorano come educatori, sanando l'ennesima situazione indecente. Posso proporre un mio subemendamento? A tutti gli educatori che almeno da 10 anni sopportano le frustrazioni dei psicologi\educatori che non fanno gli psicologi e fanno male gli educatori, verrà riconosciuto il titolo di counselor nelle relazioni di équipe. Almeno anche noi avremo un bel titolo di cui fregiarci senza far fatica.

3984. Dopo il Monte di Pietà ecco il credito su pegno


Dopo il boom dei Compro oro, ora in declino, all'orizzonte si profila un nuovo modo di cavare denaro dalle rape. In questo caso si impegna qualcosa, si racimola un po' di denaro e chissà, si torna a riprendere l'oggetto dato in pegno (sic!). (A me 'sto articolo sa tanto di marketta!)

sabato 25 febbraio 2017

3983. In Messico dopo El Chapo


Mentre è rinchiuso (chissà per quanto) in una prigione di New York, come era molto prevedibile imperversa la guerra tra i suoi eredi. Tra i figli Alfredillo e Archivaldo, spalleggiati dallo zio El Guano, che sono in lotta con Damaso Lopez Nunez, detto El Licenciado, uomo che ha sempre goduto della fiducia del padrino. Tra le due fazioni si colloca l’altra figura storica del cartello di Sinaloa, El Mayo Zambada e intanto le persone continuano a morire.

giovedì 23 febbraio 2017

3982. Il Casinò di Saint Vincent licenzia


Tempi bui si prospettano per i lavoratori del Casinò aostano, per tanti anni in calo di clienti e fatturato. A rimetterci 264 lavoratori, che a maggio dovrebbero rimanere a casa. Secondo l'articolo troppi soldi pubblici sono stati investiti e i ritorni sono stati minimi, con una grande responsabilità della politica.

3981. A Torino, finalmente, un concorsone per infermieri


Era il lontano 2009, quando fu bandito l'ultimo concorso pubblico. Ora l'accordo e a giugno si dovrebbero vedere nelle corsie i nuovi dipendenti pubblici al lavoro. Prevedo un numero altissimo di domande!

3980. Le prime condanne per “black monkey”


La sentenza di primo grado del processo ha stabilito 26 anni e 10 mesi di reclusione per Nicola Femia e altre pene per gli ulteriori 22 imputati nell'inchiesta sul gioco d'azzardo illegale, indagine che avevo segnalato in questo post.

mercoledì 22 febbraio 2017

3979. La crisi dei circhi e il destino degli animali


La Lav ha commissionato al Censis un rapporto sulla crisi dei circhi, anche in vista della riforma Franceschini che è in discussione al Senato e che prevede la graduale dismissione degli animali. Magari questa legge verrà votata e approvata. Vedremo poi se e come verrà applicata. Il declino è costante, gli spettatori disertano soprattutto gli spettacoli con animali e i circhi fanno fatica a sostenersi. Il calo costante di investimenti nel settore determina così la perdita di posti di lavoro e i tagli dei contributi statali coinvolge anche la salute degli animali.

lunedì 20 febbraio 2017

3978. Tra Gioia Tauro e Genova la solita e triste rincorsa tra guardie e ladri


Il porto di Genova sembra essere al centro degli interessi delle 'ndrine calabresi, come scalo per l'arrivo della cocaina, perché il porto di Gioia Tauro è troppo controllato. Come svuotare l'oceano con un cucchiaino (sic!).

domenica 19 febbraio 2017

3977. Le droghe fantasma


Una sostanza che provoca effetti stupefacenti non è illegale finché non finisce in una blacklist governativa. Visto che i Governi hanno la velocità di reazione di un bradipo, è facile per chimici dilettanti come per le mafie “inventare” sempre nuove sostanze da immettere sul mercato, dove i consumatori non mancano mai.

sabato 18 febbraio 2017

3976. L’epoca delle scorciatoie


Fin dall’alba dei tempi gli esseri umani hanno dovuto letteralmente ingegnarsi per le evidenti limitazioni che la fisiologia ha portato a corredo, ma con una capacità cognitiva che ha ampiamente rimediato al deficit fisico. Tutta la storia dell’umanità è una lotta alla sopravvivenza ed è caratterizzata dall'uso dell’intelligenza per conoscere e migliorare la propria condizione. A volte questo impegno riguardava il singolo, altre volte le ricadute erano anche sulla comunità. Non si poteva pensare di passare la propria esistenza con il cibo contato, sempre alle prese con la forza degli elementi e di fronte ad esse essere impotenti. Su alcune questioni sono evidenti i miglioramenti e la capacità di controllo a cui si è giunti, su altri la natura prevale e presenta spesso conti molto salati in termini di vite e distruzione. Da sempre l’umanità si confronta anche con il potere, derivato soprattutto dall’accumulo di ricchezze. Se possiedi in misura importante e intrecci relazioni con altri come te, si crea una piccola o grande élite che controlla e gestisce il mantenimento dello status quo o la sua espansione. Chi non fa parte di questo gruppo ambisce ad entrarci e chi ne fa parte fa di tutto per rimanerci, questo fin dalla notte dei tempi, da quando si è passati da un economia di sopravvivenza a quella di sussistenza, che ha dato l’opportunità di creare apparati che prima non era possibile neanche pensare, visto che occorreva cacciare o raccogliere cibo. Con lo sviluppo del capitalismo è avvenuta una forte accelerazione di questo meccanismo, che se mantenuto al minimo potrebbe garantire anche più effetti positivi che negativi. Come per tutte le cose costruite dagli esseri umani, non esistono solo aspetti positivi. Quando costruisco una casa sottraggo materie prime, devo edificarla in una zona adatta, magari disboscando ed ho comunque un impatto, quella che si chiama impronta ecologica. Quando si era un gruppo sparuto che vagava sul nostro pianeta il tutto era molto contenuto, ora sarebbe meglio pensare azioni che ne limitino il raggio d’azione, ma anche in questo caso ci si scontra con qualcosa di intimamente connesso all’animo umano, il senso di espansione. Se non stai bene dove vivi, semplicemente ti sposti, con la speranza di poter stare meglio. Credo che potrebbe essere tranquillamente considerata una parte biologica, ma risulta essere anche la cosa più logica. Se il mio campo non produce più nulla o muoio di fame oppure ne cerco uno fertile. Oggi però il trionfo della tecnica ha permesso di sovvertire questa logica in molte maniere diverse. Prima ha cercato di intervenire sul terreno, utilizzando tonnellate di prodotti chimici e meccanizzando ogni processo possibile, poi è passato alla modificazione genetica dei prodotti alimentari per renderli più resistenti o più belli. L’umanità ha continuamente forzato la mano alla Natura, perché è quello che sa fare meglio da millenni. Prima occorrevano anni per vedere qualche risultano, oggi bastano pochi giorni, ma la necessità di trovare scorciatoie per raggiungere l’obiettivo rimane costante. Qualcuno lo chiama progresso e forse è la parola giusta, ma come si misura e soprattutto oggi qual è il suo significato? Ma ancora come viene vissuto da chi il progresso lo subisce e non lo sceglie? Il messaggio che arriva dalle élite del giorno d’oggi è molto chiaro: arraffa tutto quello che puoi arraffare e non preoccuparti degli altri. Seppur sia un comportamento antico, tante situazioni l’hanno reso centrale negli ultimi anni, almeno dal mio punto di vista. I media bombardano tutti quanti di notizie di guerre, atti di terrorismo, malattie, omicidi e crisi economici, facendoci vivere in un perenne clima di paura, tanto che a forza di sentirle ci siamo assuefatti. L’unico modo di sopravvivere è neanche ascoltarle, ma quelle parole si infilano in profondità e ormai sono parte di molti di noi. Mi viene in mente quando nel film “Matrix” le macchine spiegano come abbiano avuto difficoltà a capire quale realtà proporre all’umanità, perché in un primo esperimento dove vivevano tutti in una sorta di paradiso terrestre, l’intero raccolto era andato distrutto. Quando invece hanno proposto un modello di società contemporaneo sul modello occidentale, fatto di lavoro, fatiche e povertà, allora il progetto aveva funzionato. La maggioranza dell’umanità ambisce a un futuro senza conflitti, ma secondo questo pensiero non ci sarebbe la Vita. La questione è che in Europa il conflitto è molto basso, ma c’è un costo da pagare e lo sanno bene alcuni, che hanno come obiettivo quello di anestetizzare questa enorme popolazione, che non vede l’ora di scatenare la violenza che è insita, forse, nell’essere umano. Come raggiungere questo obiettivo mi è chiaro tutte le volte che salgo sulla metropolitana e vedo quasi tutti curvi sul loro smartphone. Se le energie sono tutte rivolte a quell’oggetto, dove potrebbe sfociare l’aggressività di tanti? Certo non vale per l’intera popolazione, ma l’importante è coinvolgerne la maggior parte. Si sa che ci sarà sempre una piccola minoranza che non seguirà i dettami della massa, ma proprio per questo è importante la sua esistenza. Se non ci fosse una minoranza, cosa ne sarebbe della maggioranza? L’idea della scorciatoia affascina quando sei ragazzino, quando cammini per i boschi e tagli per i prati, provando un senso di piacere. Certo avevi fatto fatica in più e corso qualche rischio, eppure volevi discutere sul piacere di essere arrivato prima e di aver percorso strade non battute? Poco importava se per farlo eri passato attraverso una pietraia e qualche sasso era finito a valle, ma apparentemente nessuno si era fatto male e si era raggiunto l’obiettivo. Oggi le scorciatoie sono le sostanze, il gioco d’azzardo, le tangenti, le raccomandazioni, le mafie, chi inquina, chi taglia la strada e si potrebbero fare altri mille esempi. Sono espedienti che all’inizio funzionano, ma che infine mostrano la loro reale portata. Anche la scoperta dell’energia atomica rientra in questa categoria. Un modo più veloce e potente per ottenere maggior energia, ma a quale costo? Non suggerisco di tornare all’età della pietra, dove mi immagino che qualche bosco sia stato bruciato mentre gli esseri umani capivano come gestire il fuoco, ma non si potrebbe smetterla con questo andamento per tentativi ed errori, almeno pensando che siamo nel 2017? Oppure non troppo in fondo siamo sempre quegli essere spauriti davanti ad un fulmine, interpretandolo come una punizione divina? Troppe poche volte non ci si domanda quale sia il prezzo da pagare perché si rimane abbagliati dalla nuova scoperta o dall'effetto che produce su noi stessi una determinata sostanza o esperienza. Quasi tutti ambiscono ad ottenere il massimo dei risultati con il minimo degli sforzi, ma se si prendono anche delle scorciatoie, la situazione diventa drammatica, soprattutto se si utilizza il paradigma scientifico alla propria esistenza. Se lo scienziato è attratto dalla scorciatoia, magari perché frustrato dagli insuccessi la ricaduta delle sue scelte non sarà quantificabile per un lungo periodo. Nella vita quotidiana cercare di abbreviare i tempi non porta altro che a incasinare ulteriormente l’intera faccenda. Seppur faticoso, occorre prendere il sentiero più lungo. Se si tenta di abbreviare il percorso non sempre si raggiunge l’obiettivo. Molti moriranno nel tentativo. Se questa è sicuramente una caratteristica umana, che ci ha permesso di andare sulla Luna, occorrerebbe rivolgere le stesse energie per “sistemare” tutto quello che abbiamo danneggiato per andarci. Occorrerebbe “solamente” orientare diversamente la nostra energia.

venerdì 17 febbraio 2017

3975. Caught A Ghost Can't Let Go



Canzone del 2014, di un duo con base a Los Angeles, che ho conosciuto perché
colonna sonora di una serie tv, una volta telefilm, molto bella che si chiama Bosch. Leggendo cosa dicono su Wikipedia, scopro che molte altre loro canzoni sono state utilizzate al cinema e in televisione. E bravi!

Corn sugar and caffeine
I feel my body in two different places
Still playing for both teams
Sometimes it feels I was born with two faces

I feel the smoke climbing up my cheeks
I hear the jokes and I smell the punchlines
I lay broken in my bed for weeks
My room's too dark and my bed's on the faultline

I got a feeling that I can't let go
I got a feeling that I can't let go
I got a feeling that I can't let go
I got a feeling that I can't let go
I got a feeling that I can't let go
I got a feeling that I can't let go
I got a feeling that I can't let go
Can't let go

Sing a song about heartbreak
What do you know about the sweet taste of sadness?
I got a name for each one of my headaches
What do you know about the thin line to madness?

I need a new part with new lines
Anything if it's good for your head
You can donate your heart to science
But it won't bring you back from the dead

I got a feeling that I can't let go
I got a feeling that I can't let go
I got a feeling that I can't let go
I got a feeling that I can't let go
I got a feeling that I can't let go
I got a feeling that I can't let go
I got a feeling that I can't let go
Can't let go

You'll find the sweetness
You'll find the sweetness
Like me
Sweetness
Like me
Like me

Zucchero di mais e caffeina
Sento il mio corpo in due luoghi diversi
Ancora a giocare per entrambe le squadre
A volte ci si sente così. Sono nato con due facce

Sento il fumo salire le guance
Ho sentito gli scherzi e sento l'odore delle battute
Rimasi rotto nel mio letto per settimane
La mia stanza è troppo buia e il mio letto è sulla linea di frattura

Ho una sensazione che non posso lasciar andare
Ho una sensazione che non posso lasciar andare
Ho una sensazione che non posso lasciar andare
Ho una sensazione che non posso lasciar andare
Ho una sensazione che non posso lasciar andare
Ho una sensazione che non posso lasciar andare
Ho una sensazione che non posso lasciar andare
non posso lasciar andare

Canta una canzone che parla di crepacuore
Che ne sai del sapore dolce della tristezza?
Ho un nome per ognuno dei miei mal di testa
Cosa ne sai della linea sottile della follia?

Ho bisogno di una nuova parte con nuove linee
Qualsiasi cosa se è buono per la vostra testa
Puoi donare il tuo cuore alla scienza
Ma non ti porterà indietro dalla morte

Ho una sensazione che non posso lasciar andare
Ho una sensazione che non posso lasciar andare
Ho una sensazione che non posso lasciar andare
Ho una sensazione che non posso lasciar andare
Ho una sensazione che non posso lasciar andare
Ho una sensazione che non posso lasciar andare
Ho una sensazione che non posso lasciar andare
non posso lasciar andare

Troverete la dolcezza
Troverete la dolcezza
Come me
Dolcezza
Come me
Come me


 Il video

giovedì 16 febbraio 2017

3974. Andiamo a bombardare!


Il Libro Bianco per la sicurezza internazionale e la difesa sancisce, secondo questo articolo, almeno la riscrittura dell'articolo 52 e 11 della Costituzione. In pratica la Difesa potrà intervenire laddove gli interessi vitali del Paese saranno minacciati, così come sarà garantito il contributo alla difesa collettiva dell’Alleanza Atlantica e al mantenimento della stabilità nelle aree incidenti sul Mare Mediterraneo. Potrà inoltre impegnarsi nella gestione delle crisi al di fuori delle aree di prioritario intervento, al fine di garantire la pace e la legalità internazionale, così come occuparsi della salvaguardia delle libere istituzioni nostrane, con compiti specifici in casi di straordinaria necessità ed urgenza. Che belle prospettive ci attendono (sic!).

3973. Dodici lunghi anni di Tulliani, Fini e Corallo


Secondo gli inquirenti il patrimonio della famiglia Tulliani supera i sette milioni di euro e la contiguità con Francesco Corallo, capace di un danno all’Erario di centinaia e centinaia di milioni, si è protratta a far data dal loro rapporto con Gianfranco Fini, prima Vice Presidente del Consiglio dei Ministri e poi Presidente della Camera dei deputati dal 2007 al 2009. Un giorno qualcuno riuscirà a spiegare come una persona possa mettere in piedi in soli tre mesi un’impresa concessionaria di gioco legale, e organizzare intorno ai suoi profitti un riciclaggio internazionale e transcontinentale della durata di dodici anni. 

3972. Degli esperimenti animali proprio non se ne può fare a meno, vero?


Rinvio al 2020 del divieto di svolgimento di procedure sugli animali per le ricerche sugli xenotrapianti, costituiti dai trapianti di uno o più organi effettuati tra animali di specie diverse, nonché per le ricerche sulle sostanze d'abuso come droghe, alcol e tabacco. Mai una soddisfazione!

mercoledì 15 febbraio 2017

3971. Rinviata di nove mesi la lotteria degli scontrini. Che peccato!


Utilizzare la carota del gioco d'azzardo per far emergere denaro sommerso assomiglia fin troppo alla mossa disperata di chi tenta qualsiasi espediente per arrivare a mettere le mani su del denaro che dovrebbe circolare ed essere dichiarato senza problemi, se questo fosse un Paese normale. Visto che quando si parla di tasse l'Italia non lo è, come per molte altre cose ahimè, ecco l'ennesima trovata. 

martedì 14 febbraio 2017

3970. Si muore più per infezioni ospedaliere che per gli incidenti stradali


Uno studio inglese, paragonabile alla situazione italiana, dice che l’esternalizzazione dei servizi di pulizia negli ospedali è associata ad una maggior incidenza di infezioni da batteri resistenti agli antibiotici, che porta ad un tasso di mortalità più elevato. La medicina progredisce, ma visto che costano meno le società esterne, i pazienti muoiono lo stesso. Ma che bella contraddizione!

lunedì 13 febbraio 2017

3969. La solita manfrina dei soldi spesi per il gioco d'azzardo


Capisco che nella vita ognuno sottolinei gli aspetti che più sono utili per ribadire le proprie idee, ma la manfrina che gli italiani hanno speso "solo" 19 miliardi, perché gli altri 77 gli sono stati restituiti, è perlomeno stucchevole e superficiale. Se è vero che sono stati restituiti, non per questo vuol dire che questa restituzione sia andata a tutti i giocatori. Come ben sappiamo non è così. Inoltre sarebbe bello che venisse detto quanti di quei quasi 96 miliardi sia stato preso dalle tasche dei giocatori d'azzardo patologici. Ma anche questo dato non verrà comunicato.

3968. Nella proposta di riorganizzazione del gioco d'azzardo manca almeno un punto


Secondo questo interessante articolo di Marco Dotti nella proposta del Governo manca la responsabilizzazione integrale, in solido, dei Concessionari rispetto ai gestori degli esercizi commerciali che portano il loro marchio. Ad oggi non è così. I requisiti che vengono richiesti non sono abbastanza esigenti e responsabilizzanti per la delicatezza del settore che i soggetti Concessionari sono chiamati a gestire. La proposta è che assomigli al concetto di appalto e subappalto, dove la responsabilità non ricade unicamente sul subappaltante, ma anche sull'appaltante. Idem per la filiera dell'azzardo legale perché quando prendi una concessione, devi dire chi sono tutti i tuoi gestori e lo Stato li deve controllare uno a uno.Verrà ascoltato?

sabato 11 febbraio 2017

3967. Architetture dell'azzardo


Natasha Dow Schull pubblica in Italia nel 2015 questo interessante libro. Con il sottotitolo “progettare il gioco, costruire la dipendenza”, il volume è curato da Marco Dotti e Marcello Esposito. La ricercatrice americana ha impiegato quasi un ventennio per raccogliere parecchio materiale, concentrando il suo lavoro nella città di Las Vegas e registrando l'enorme impatto che ha avuto il gambling machine sull'economia e sulle persone. C'è il punto di vista dei giocatori e ci sono le tante dichiarazioni di chi invece con il gioco d'azzardo ci fa profitto. Molte sono le domande che rimangono senza risposta e molte sono le contraddizioni che l'autrice solleva, anche per quanto riguarda la cura dei giocatori d'azzardo patologici. Per quanto gli Stati Uniti siamo un altro sistema economico, credo che nell'ultimo ventennio anche noi in Italia abbia vissuto qualcosa di molto simile. Assolutamente da leggere, perché il rapporto uomo-macchina è uno dei temi centrali di questa contemporaneità.



Un interior design può guidare i clienti del casinò alle macchine automatiche a gioco e un'interfaccia ottimamente configurata può incrementare la loro spesa e prolungare la loro permanenza, ma i processi tramite i quali le macchine distribuiscono vincite o perdite sono quelli che mettono in moto il gioco continuato.



Gli algoritmi per estrarre il massimo valore possibile dal giocatore impostano agende e budget per prevedere quando e quanto ci si possa aspettare che un giocatore giochi, generando dei “report di modifica del comportamento” che suggeriscono a quali tipi di sollecitazioni lui o lei potrebbero rispondere. Un giocatore d'azzardo che non va a giocare da tempo, il giocatore cosiddetto “tardivo”, riceve una comunicazione e-mail seguita da una telefonata.

venerdì 10 febbraio 2017

3966. Il ministero della Salute scrive a quello del Tesoro


Il ministero della Salute ha deciso di scrivere come dovrebbero essere le prossime slot. Si chiede che tutta l’offerta futura di gioco d’azzardo dovrà essere preventivamente sottoposta a una valutazione d’impatto circa gli effetti di induzione alla dipendenza patologica, con attenta disamina del progetto industriale, l’architettura funzionale, la tecnologia e i modelli degli strumenti confezionati dall’industria del comparto al fine di misurare preventivamente eventuali danni alla persona, e dunque di fronteggiare l’insorgenza di patologie. Di seguito la lista di 12 proposte concrete. Riuscirà la Salute a prevalere sugli interessi economici? Finalmente l'industria svelerà i suoi trucchi? Dubito moltissimo.........


giovedì 9 febbraio 2017

3965. Se per assumere gli educatori servono i soldi del gioco d'azzardo


Gli oltre 10 miliardi che incassa lo Stato direttamente dai tanti giochi d'azzardo vanno a finire nel grande calderone e poi usati per le tante spese che un Governo deve gestire, quindi in qualche modo gli educatori sono già pagati anche da questa fonte. Ora si vorrebbe finanziare un piano straordinario di assunzione di educatori professionali e pedagogisti creando un prelievo ad hoc. Mah!

martedì 7 febbraio 2017

3964. Ho resistito finché ho potuto


Un trentenne che si toglie la vita diventa notizia, ma presto verrà dimenticata dalla maggioranza, come ormai capita per qualsiasi cosa. Qualcuno dirà che è stato coraggioso, altri invece esattamente il contrario perché ci vuole più coraggio a vivere che a togliersi la vita. Io non lo so cosa sia passato per la testa di Michele e la sua lettera è molto chiara. Condivido però l'idea che almeno in Italia ognuno pensi a se stesso e alla sua famiglia e chi non ha “conoscenze” fa una brutta fine. C'è chi si ammala sviluppando una dipendenza e c'è chi si allontana per sempre da questa vita. In qualche modo, ahimè, il risultato è lo stesso.
P.S. Il Messaggero Veneto poteva evitarsi il video (sic!)

domenica 5 febbraio 2017

3963. Come uncinare e spremere i giocatori d'azzardo


Una ricerca incentrata su Bologna e condotta dall'Ipsser (Istituto petroniano di studi sociali dell'Emilia-Romagna) ha rilevato come non ci sia nullo di intentato in chi progetta le slot machine, il tutto con l'obiettivo di rafforzare la coazione al gioco ed impedire che il giocatore si alzi dallo sgabello. Le tecniche sono molte, come l'utilizzo del touchscreen, in modo da ridurre i tempi tra una partita e l'altra oppure sostituire le monete con le carte di credito, così da non perdere tempo per inserirle nelle fessura dell'apparecchio. Sembrano accorgimenti per semplificare la vita, invece sono dei mezzi per non far distrarre il giocatore finché non ha finito i soldi.

sabato 4 febbraio 2017

3962. Edizioni Amrita compie 30 anni!


La mia casa editrice raggiunge un importante traguardo e sono contento che abbiano deciso di festeggiarlo in un modo interessante e che coinvolge molti autori, tra cui il sottoscritto che sarà presente il 25 marzo.


Di seguito un po' di informazioni. Partecipate numerosi. Vi aspetto!




Per i suoi 30 anni Amrita organizza una grande festa
a Torino il 25-26 marzo 2017
presso l’hotel Atlantic di Borgaro Torinese.



Il 25 è dedicato agli incontri con gli Autori.

Lettori e librai avranno accesso gratuitamente a conferenze e tavole rotonde.

In una sala dedicata avrà luogo Experimenta, dove sperimentare in prima persona tecniche di counselling e terapeutiche proposte dagli Autori.

Saranno sul palco Anne Givaudan, Claudia Rainville, e altri 20 fra gli Autori più richiesti. Parteciperà via Skype Daniel Meurois.

Altri Autori ancora saranno presenti fra il pubblico: saranno riconoscibili grazie a dei badge e ben felici di chiacchierare con i lettori e di rispondere alle loro domande, specialmente durante l’apericena.


Seguirà uno spettacolo a sorpresa… in pura tradizione Amrita!


Il 26 è dedicato a tre mini seminari, uno con Anne Givaudan, uno con Claudia Rainville e uno con Sergio Magaña.

La sera, straordinaria conferenza di un Autore nuovo per l’Italia ma notissimo nel mondo: il dottor Pim van Lommel, considerato il più grande esperto attuale di NDE (Near Death Experiences, ossia le esperienze di morte apparente).


Maggiori informazioni andate sul sito.


La nostra storia in breve - 1987-2017: trent’anni da pionieri

Amrita nasce tecnicamente nel 1986, ma è nel 1987 che il suo primo libro, L’altro volto di Gesù di Anne Givaudan e Daniel Meurois, prende letteralmente il volo, e il team di allora, di sole due persone, è costretto a seguirlo. Nel nome è contenuto il programma editoriale: divulgare le terapie che partono da presupposti olistici, riconoscendo cioè anche la dimensione spirituale dell’uomo (saranno di Amrita i primi libri in Italia sul Reiki e sulla Metamedicina), le conoscenze di spiritualità provenienti da ogni tradizione del pianeta (sarà di Amrita il primo libro sull'antichissima tradizione Mexica, rimasta nascosta sin dall'invasione spagnola del Messico), le scoperte neuroscientifiche che supportano le esperienze da sempre descritte dai mistici… Inoltre, l'etica di Amrita si mantiene nel sostegno costante alle librerie (che oggi soffrono a causa della concorrenza dell'e-commerce) e nel tentativo di non mandare mai al macero i libri, regalandoli piuttosto a enti benefici o facendoli oggetto di offerte speciali. Fino ad oggi, queste idee hanno pagato, cosa di cui essere quanto mai grati e fieri in un panorama editoriale nazionale che vede l'estinguersi di moltissime aziende anche più grandi. Qualche numero: Metamedicina 2.0: 150.000 copie vendute); Le porte interiori: 60.000 copie vendute; Le 5 ferite: 45.000 copie vendute).

giovedì 2 febbraio 2017

3961. Commissione che vai, vincitore che trovi


In pochi sono a conoscenza che in questi ultimi mesi l'accorpamento delle due ASL torinesi ha dato il via a un triste valzer di poltrone. Doveva servire per razionalizzare e forse risparmiare ma servirà davvero? Intanto le procedure di valutazioni delle Commissioni variano anche quando il candidato è lo stesso e si presume abbia sempre lo stesso curriculum. Misteri della sanità (sic!).

mercoledì 1 febbraio 2017

3960. Tra principio di necessità e principio di giustizia


Le organizzazioni che si occupano di salute delle persone sono imbricate su più livelli di priorità. Tenere insieme aspetti clinici, organizzativi e professionali non sempre quindi può risultare lineare e coerente con quelli che a torto o a ragione dovrebbero essere i valori che ispirano le organizzazioni sanitarie. Troppi si riempiono la bocca con la parola “mission”, poi quando la situazione è precaria, indefinita o pericolosa saltano tutti i discorsi e si pensa solo a salvare il salvabile e a volte è solo l’ansia di qualcuno che va tutelata. In un Servizio per le Dipendenze può capitare così che emergano differenti approcci alla gestione di una particolare situazione e non sempre è possibile trovare una soluzione condivisa. Ultimamente mi sto domandando cosa stia capitando dalle mie parti, professionalmente parlando ovviamente. Così, durante un interessante riunione è emerso il principio di necessità. Si fa quello che è necessario, mi è stato detto. Una frase sicuramente dotata di senso, ma quel necessario a chi è riferito? Alla persona di cui ci prendiamo cura? All’organizzazione che annaspa per contenere il personaggio? A chi gestisce l'organizzazione, per evitare spiacevoli coinvolgimenti?
Così mi sono fatto alcune domande. Andando a cercare qualche definizione ho trovato questa su Wikipedia, che per quanto parziale o discutibile può risultare interessante. Questa espressione indicava i poteri eccezionali esercitabili nei casi in cui si doveva fronteggiare una situazione imprevista e imprevedibile, caratterizzata dall'urgenza e improrogabilità del provvedere. Le norme ispirate a questo principio disciplinano i casi in cui fattori imprevisti e imprevedibili impongono l'adozione indifferibile di misure straordinarie finalizzate a fronteggiare situazioni di emergenza: di solito, si tratta di calamità naturali, stato di guerra, ordine pubblico, epidemie, ecc. Non essendo un medico, ho cercato poi la definizione di stato di necessità, secondo l’articolo 54 del Codice Penale: non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.
Mi sembra di capire che questo principio si ispiri all’urgenza, a fattori imprevisti, che poco possono essere governati e che quindi si è chiamati a rispondere in maniera rapida, senza aver troppo tempo per riflettere.
A me non risulta di lavorare in uno stato di guerra, anche se a volte l’aggressività che portano i pazienti, e a volte i colleghi, possano ricordare vagamente un conflitto armato. Certo le sollecitazioni, a volte forti e imprevedibili di alcuni mettono alla prova i nervi e le capacità contenitive di singoli e gruppi di lavoro, ma per il sottoscritto pensare che il principio di necessità sia il faro a cui ispirarmi per le mie riflessioni ed azioni mi pare per lo meno poco appropriato, almeno nell’ambito in cui opero come educatore professionale.
Con questo non dico che non sia importante offrire una risposta, anzi, ma occorre costruirla basando le riflessioni e le successive azioni su un principio a me più vicino, il principio di giustizia, tentare di fare la cosa giusta per la persona. Mentre il principio di necessità mette al centro la constatazione che la persona soggetto dell’intervento non sia in grado di essere parte attiva del processo, il principio di giustizia gli consegna in mano un potere che probabilmente userà male, ma che è importante che lui abbia sempre con sé. Mettere al centro la persona presuppone che questa possa muoversi con grande libertà all’interno del percorso di cambiamento. Come educatore posso accompagnarlo, mostrargli altri panorami e scenari, oppure contenerlo quando l’irragionevolezza prende il sopravvento, perché la lucidità a volte è merce rara. Mentre il principio di giustizia lascia libero la persona, quello di necessità gli dice di non essere in grado di provvedere a sé, almeno in quel momento. Concetto molto noto agli psichiatri e ai giudici tutelari, istituti giuridici molto ben definiti, che servono a proteggere la persona, ma anche la società e i patrimoni. Anche il principio di giustizia può essere manipolato, mettendo al centro l’organizzazione o il benessere di qualche operatore, ed è per questo che occorrerebbe condividere con il gruppo di lavoro non solo il qui ed ora del trattamento ma provare, per quanto energie e tempo lo permettano di tentare di abbozzare un orizzonte di significato. Già i nostri pazienti vivono situazioni caotiche, che tendono a riprodurre incessantemente nelle loro relazioni, perché capaci di fare solo quello. In più se l’istituzione risponde come rispondono tutti gli altri, risulta difficile che l’incontro con il Servizio sia occasione trasformativa, piuttosto sarà l’ennesima constatazione che tutti sono uguali. L’obiettivo non è quello di essere diversi, e per questo motivo migliori di altri, ma quello di offrire un funzionamento che esca dalle logiche imperanti del sistema economico. Non si può negare la centralità culturale di come questo approccio abbia pervaso ogni aspetto della vita professionale e privata di ogni persona e organizzazione, ma un Servizio per le Dipendenze non è un ambulatorio ortopedico, dove occorre sistemare lussazioni e fratture, per quanto doloroso e tecnico possa essere. Dalle nostre parti arriva un’umanità sofferente, ma ancora vitale almeno dal mio punto di vista, che si allontana dal concetto di normalità socialmente definito e che in qualche modo si accorge delle stonature dell’ambiente in cui sono immersi. Per sopportarle però scelgono dei comportamenti o delle sostanze che apparentemente aiutano, ma che alla fine presentano un conto molto salato. Una volta intrapreso un percorso di cura, una volta che si è imparato a tenere a bada certi demoni, la stonatura rimane, perché è uno sgradevole sottofondo che tutto permea e per quanto ne siamo tutti immersi, come educatore ho il dovere professionale di tentare di proporre un modello alternativo a quello che ci circonda e di farlo in maniera attiva e con una buona dose di chiarezza. Quando però in un gruppo di lavoro esistono più principi che ispirano le azioni, sulla lunga distanza non può che risolversi in un danno alla persone di cui ci prendiamo cura. Sul lungo periodo i diversi principi si scontreranno, sollecitati dalle evoluzioni del paziente e dal conseguente e inevitabile disorientamento che queste provocano negli operatori. Ma non si può pensare, almeno in un Servizio per le Dipendenze, che ci sia un giorno di lavoro tranquillo. Quando si lavora con delle persone che evidentemente non stanno così bene, è inevitabile che ne succedano di tutti i colori. Con il principio di necessità in qualche modo si negano queste possibilità, con il principio di giustizia si riconoscono e si accettano. Se è necessario nutrirsi, è giusto scegliere determinati cibi e non altri per il proprio benessere, se non si vuole morire avvelenati.