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sabato 5 novembre 2016

3876. Il sistema periodico


Primo Levi pubblica in Italia nel 1975, ma la mia edizione è del 2008, questa raccolta di storie, in somma parte autobiografiche, legate assieme da alcuni elementi chimici che creano un file rouge narrativo per niente scontato e a tratti affascinante. Primo Levi cerca e trova, fin dagli inizi degli studi di chimica, un qualcosa che avesse un significato sempre, nel lavoro come nella vita. Non una facile ricerca, quella di conoscere e carpire gli schemi che si celano dietro gli elementi, ma una volta svelati, c'era la certezza che quel tale elemento avrebbe sempre reagito nella stessa maniera. Molto bella l'intervista di Philip Roth del1986 in appendice.


Sulle dispense stava scritto un dettaglio che alla prima lettura mi era sfuggito, e cioè che il così tenero e delicato zinco, così arrendevole davanti agli acidi, che se ne fanno un solo boccone, si comporta invece in modo assai diverso quando è molto puro: allora resiste ostinatamente all'attacco. Se ne possono trarre due conseguenze filosofiche tra loro contrastanti: l'elogio della purezza, che protegge dal male come un usbergo; l'elogio dell'impurezza, che dà adito ai mutamenti, cioè alla vita. Scartai la prima, disgustosamente moralistica, e mi attardai a considerare la seconda, che mi era più congeniale. Perché la ruota giri, perché la vita viva, ci vogliono le impurezze, e le impurezze delle impurezze: anche nel terreno, come è noto, se ha da essere fertile. Ci vuole il dissenso, il diverso, il grano di sale e di senape: il fascismo non li vuole, li vieta, e per questo tu non sei fascista; vuole tutti uguali e tu non sei uguale. Ma neppure la virtù immacolata esiste, o se esiste è detestabile”.

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