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venerdì 25 novembre 2016

3897. Il gioco legale è un cordone sanitario per le persone vulnerabili?


In questo lungo articolo viene ampiamente riproposto l'intervento del vice direttore per l’area Monopoli dell'Adm, Alessandro Aronica, nell’ambito del convegno 'Economie di gioco' all’Università degli studi di Salerno. Leggetelo con calma, perché è lungo e dice parecchie cose interessanti. Mi soffermerò solo su alcune affermazioni, anche se l'analisi storica e le relative valutazioni secondo me andrebbero approfondite perché mi suonano proprio male.
Il vice direttore riprende un classico cavallo di battaglia; il volume di gioco non sono i soldi spesi dai giocatori, per cui l'industria dell'azzardo non è così grande come i giornali, con toni spesso drammatici, la descrivono.
Ogni anno, la filiera industriale del gioco fattura in Italia non 85 miliardi ma, sotto un profilo strettamente economico e al di là delle mutevoli rappresentazioni contabili, una cifra che oscilla tra gli 8 e i 9 miliardi di euro, ovvero 10 volte di meno; una somma analoga viene versata allo Stato a titolo di imposte indirette sul gioco. La somma di questi due valori (ciò che va allo Stato e ciò che va all’industria) è pressoché costante ormai dal 2009, si aggira sui 17 miliardi annui e corrisponde a ciò che le famiglie spendono effettivamente. Quindi, quando si dice che l’industria fattura circa 85 miliardi e che questa è la spesa dei giocatori si compie una doppia mistificazione: i ricavi (non i profitti, per determinare i quali, occorrerà detrarre anche i costi del personale e gli altri costi aziendali) dell’industria sono pari a un decimo di quanto si racconta e la spesa delle famiglie è pari a un quinto”.
A parte che sono 88 i miliardi nel 2015, è vera la cifra riferita alle concessionarie, che incassano diciamo 9 miliardi, dai quali devono detrarre le loro spese, ecc. ecc. Credo che comunque non facciano la fame, visto che sono tuttora sul mercato e sono decisi a rimanerci. Non mi risulta infine che siano un ente caritatevole o benefico, per cui avranno il loro bel tornaconto per restare nel business del gioco d'azzardo.
Una cosa che ritengo importante è sottolineare che comunque 88 miliardi finiscono lì dentro. Da dove arriva questa montagna di denaro e soprattutto a quali consumi, o risparmi, venga sottratta è una questione che a qualcuno poco interessa, ma invece andrebbe presa molto seriamente in considerazione, anche perché la stragrande maggioranza delle Concessionarie non ha la sede fiscale in Italia, per cui pagano le tasse chissà dove. Trovo comunque abbastanza triste parlare di “spesa” delle famiglie, perché quando faccio la “spesa” perlomeno mi porto qualcosa a casa. Prospettare una vincita che spesso non capita, io la chiamerei illusione diffusa. Speriamo che presto gli italiani si sveglino dal sogno, o dall'incubo, ma ci conto poco e lo sanno benissimo i signori che gestiscono il gioco d'azzardo legale o illegale che sia.
L'articolo continua con la seguente affermazione:
Negli anni duemila hanno progressivamente preso il sopravvento giochi ad alto tasso di vincita (come gli apparecchi da divertimento e il gratta e vinci che assicurano tassi del 70 per cento o più o le Vlt che superano l’85 percento, o, ancora, i giochi online che arrivano ad assicurare il 98 percento): in media circa l’80 per cento di ciò che viene puntato ritorna sotto forma di vincite (non ad ogni singolo giocatore ovviamente ma, in generale, al settore delle famiglie)”.
Nel gratta e vinci “turista per caso” da 5 euro sono stati stampati 100.800.000 e sono vincenti 26.939.500 (fonte AAMS), in pratica 1 biglietto ogni 3,74 è vincente. A me sembra una percentuale del 25percento, fatti i conti male, non certo del 70. Inoltre dovrebbero anche essere sottratti anche quei biglietti in cui si vincono 5 euro (13.440.000), cioè il costo, perché a casa mia quella non si chiama vincita, al massimo pareggio! In pratica si ha un po' più del 12percento di probabilità di vincere qualcosa. Non essendo un matematico attendo con impazienza un controllo di questi calcoli.
Un 'altra parte interessante è quando dice:
ha, quindi, cessato di essere squisitamente etico e non può riguadagnare le sfere culturale, educativa e politica se non si libera della questione sanitaria. Vorrei sottolineare questo aspetto aggiungendo che non è più sufficiente neanche sostenere che il gioco legale è il male minore rispetto a quello illegale. Il circuito legale deve diventare sempre di più un cordone sanitario intorno ai soggetti vulnerabili”.
Cercando sul dizionario ho trovato questa definizione di cordone sanitario:
misura di carattere profilattico e di grado estremo consistente nell’isolamento completo e forzoso di una comunità o di un territorio colpiti da malattie infettive a carattere epidemico. Era usata specialmente in passato. I mezzi moderni di lotta contro le epidemie (denuncia, isolamento, disinfezione, vaccinazione) hanno reso superfluo questo mezzo drastico e lesivo della libertà personale e dannoso per ogni attività.
Ma se il problema del gioco d'azzardo patologico riguarda un numero imprecisato, per cui basso, di individui, perché viene usato un termine che si collega direttamente a epidemie tipo Ebola?
Alla domanda che pone: Ma oggi a quale industria si consentirebbe di inquinare per il solo fatto di rappresentare una importante realtà economica e occupazionale? qualcuno gli ricordi l'ILVA!
Ci sarebbe molto altro da dire, ma mi fermo qui.

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