La bellezza e la magnificenza degli interni lo rendono uno dei più visitati tra i castelli della Loira. Le decorazioni interne sono dell’epoca di Luigi XIII e sono rimaste praticamente invariate dal XVII secolo ad oggi, grazie alla cura della famiglia Hurault che lo possiede e che vi risiede, ma molti sono stati negli anni i passaggi di proprietà. La costruzione viene citato come esempio di quello che nel XII secolo verrà chiamato “stile classico”.
La camera del re, il salone con gli arazzi di Teniers, la ricca sala da pranzo e la sala d’armi sono luoghi da non perdere con le tele attribuite a Tiziano e a Raffaello ad impreziosire ulteriormente questa ricca residenza.
Il Castello sorge all’interno di un giardino all’inglese, anch’esso visitabile, in cui magnolie, cedri ed altre rare piante sono in perfetta armonia con l’intera struttura della costruzione.
Costruito attorno a un torrione fortificato del XII secolo è grazie a Luigi XII che diventa l’imponente costruzione che è arrivata a noi. Il re vuole costruire la dimora ideale e reale, fastoso ritrovo di caccia concepito per dei e re, creazione romantica e poetica. I lavori iniziano nel 1519
Pur conservando l’aspetto di fortezza medievale, con il maschio circondato da quattro torri e dalla cinta muraria, l’aggiunta di logge, di un terrazzo e di pilastri fa della costruzione una sintesi perfetta tra le forme del passato e l’architettura innovatrice del Rinascimento italiano. Nato come residenza di campagna e riserva di caccia, il Castello di Chambord riesce a sedurre per il suo raffinato equilibrio a dispetto delle dimensioni colossali. Di particolare interesse la scala a doppia rivoluzione situata al centro del corpo principale, ispirata agli studi di Leonardo da Vinci, che morì quattro anni prima della costruzione nella vicina Amboise.
Riccamente decorate le stanze come la camera reale con il letto di gala, la camera del conte di Chambord, la camera della regina e quella di Francesco I oppure è possibile vedere l’imponente stufa di maiolica del Maresciallo de Saxe.
La prima parte
La prima parte
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