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mercoledì 15 agosto 2012

1232. Le Lonely Planet “gentili” con dittatori e regimi


Lo scrive Michael Moynihan, in un saggio pubblicato sull'ultimo numero di «Foreign Policy», rivista cofondata da Samuel Huntington. Si avventa con furore demistificatorio sia sulle Lonely Planet, sia sulle Rough Guides, accusate di criticare molto bene l'Occidente e gli Usa, ma di essere indulgenti verso regimi e dittature.
Personalmente adoro le Lonely, le ho usate e ne ho sempre trovato un utile strumento per pianificare i miei viaggi. Certo che se scelgo di andare in paesi particolari come quelli analizzati da Moynihan, che ha passato in rassegna le guide di Cuba, Iran, Corea del Nord e Siria, citando Libia e Afghanistan non vado lì con informazioni tratte solo dalle guide. Chi decide di organizzare un viaggio in quei paesi ha le idee ben precise non ci cosa troverà, ma della vicende che attraversano queste nazioni e nutre una personale curiosità di vedere in prima persona come vivono le persone.
Marco Del Corona, autore dell’articolo, scrive infine che “viaggiare sul già viaggiato non è viaggiare. Però, ahinoi, ci riguarda tutti”.
A mio parere questo genere di guide propone un modo di attraversare i paesi che non sia volandoci sopra, ma passandogli dentro, incontrando e parlando con le persone, in un concetto di viaggio e non di vacanza. Per cui chi decide di andare a Cuba, conoscerà ovviamente Fidel Castro, ma andando lì vedrà e parlerà con i cubani, che gli diranno come la pensano. Di ritorno si sarà così fatto un idea, ancora parziale comunque, di un paese e delle persone che lo abitano. Forse sarà uguale a quello che scrivono le guide, forse sarà profondamente diverso. Anche questo vuol dire viaggiare.

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