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mercoledì 21 agosto 2013

1989. Da paziente a persona assistita

L’uso delle parole è un potente mezzo per veicolare concetti e cambiare abito mentale. In un epoca come questa, dove in tv si insultano, nel mondo reale vige la regola del politically correct, per cui un bidello si è trasformato nel termine più chic di operatore scolastico e il disprezzato termine spazzino è diventato l’altisonante operatore ecologico. Così anche in campo medico la parola paziente è stata sostituita da persona assistita, almeno nella bozza del codice deontologico che regola la professione. Il nuovo termine spiega Amedeo Bianco, presidente di Fnomceo e senatore Pd “trasmette il significato immediato di chi ha diritto a ricevere cure e assistenza senza passività. Anzi deve essere più che mai al centro del sistema”. Per me rappresenta l’ennesimo tentativo di anestetizzare e manipolare la realtà. Il termine assistito è già presente in molti dei settori che si occupa di persone in difficoltà, per esempio nei Servizi Sociali, perchè lì sei assistito, nel senso di aiutato a fare qualcosa o aiutato nel fare qualcosa per migliorare la tua situazione. In campo medico, almeno non in tutte le discipline, non è proprio indispensabile e utile essere parte attiva. Non credo che durante una operazione un paziente si possa permettere di partecipare attivamente alla sutura di una ferita. Diverso invece potrebbe essere l’atteggiamento di un malato prima e dopo l’intervento. Di certo molte persone seguono poco e male le indicazioni mediche, più spesso con un fai-da-te molto pericoloso.

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