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venerdì 8 marzo 2013

1646. La DIA nei casinò italiani in cerca di eventuali infiltrazioni mafiose



I casinò possono trasformarsi in enormi lavatrici di soldi sporchi. Lo sanno anche le pietre e lo sanno molto bene le mafie, che da sempre sono interessante al controllo e alla gestione del gioco d’azzardo. In queste ultime indagini sembra più preso di mira il Casinò di San Vincent, anche grazie alle dichiarazioni del processo Minotauro, ma giusto per fare un breve riassunto ecco cosa è successo negli ultimi trent’anni nelle sale da gioco italiane.

Il Casinò di Sanremo ha vissuto tre grandi inchieste. Nel 1981 per irregolarità, nel 1993 per lo scandalo sullo chemin de fer, nel 2000 per una truffa operata con le slot machine. Ma la mazzata vera è stata il capitolo finanziario del 2008 quando gli incassi sono diminuiti del 18%, collassando l’andamento amministrativo.

Il Casinò di Saint Vincent è finito nel mirino dell’antimafia per una complicata storia che fa saltare fuori come ipotesi di reato il riciclaggio e, addirittura, il sequestro di persona. La storia si ripete nel 2006 quando emerge che il Casinò rientra nell’orbita del riciclaggio mafioso dei clan di Villabate, nel palermitano, e della cosca di Santa Maria Gesù con la movimentazione di alcuni milioni di euro da parte di disoccupati prestanome.

Nel Casinò di Campione d’Italia gli addebiti invece sono stati di natura amministrativa. La Corte dei conti della Lombardia ha presentato il conto agli amministratori nel 2009 accusandoli di aver causato un danno all’erario per una somma superiore ai 5 milioni.

Il Casinò di Venezia, primo nella graduatoria d’incassi, ha scontato un’inchiesta giudiziaria per tentativi della mafia di ramificarsi nella prima succursale estera della struttura, a Malta. Nel 2004 le famiglie camorriste Licciardi e Contini avrebbero tentato in vari modi di riciclare denaro presso il Casinò.

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