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martedì 26 marzo 2013

1677. Una storia di dipendenza, tra lo shopping e la rete



Elena 32 anni, precaria, rimane a casa dopo la scadenza del contratto. Passa la sua giornata su internet a cercare lavoro o a farsi venire in mente un modo per guadagnare qualcosa. Tre, quattro ore al giorno. Trascorrono le settimane e il suo tempo di permanenza in rete aumenta. Il mondo virtuale diventa l’unico mondo possibile. Elena perde il contatto con la realtà. Si annoia ed è depressa. Invece di uscire a fare una passeggiata, inizia a guardare un sito di e-commerce. La sua passione sono le scarpe. Ne compra un paio. «Mi devo tirare su», pensa. «E se poi ho un colloquio di lavoro mi possono tornare utili». Sul sito trova altri banner, su ogni pagina che visita trova ads sull’ultimo modello di Jimmy Choo in super sconto o sulle nuove svendite di scarpe griffate. Elena non se ne rende conto ma in quindici giorni acquista 20 paia di scarpe che le arriveranno a casa un mese dopo. Intanto diventa sempre più aggressiva, si isola e quando il suo compagno preoccupato di fronte all’estratto conto della carta di credito le chiede una spiegazione lei continua a ripetere: «Non ho sprecato soldi. Sono tutte delle occasioni». Di fronte ai 1.500 euro spesi nega di essersi fatta prendere la mano. Né Elena né il suo compagno sanno che lei è vittima di una campagna di marketing aggressiva. Un trucco che in questo caso fa leva su una persona già fragile e con problemi economici. E il tutto sarebbe iniziato anche se Elena non avesse comprato il primo paio di scarpe. Perché queste strategie sono per lo più rivolte agli indecisi, quelli che magari rientrano sul sito più volte prima di perfezionare l’acquisto.

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