Una
bella lettera che descrive come un familiare vede il proprio marito cambiare,
diventare un altro perché “deve” giocare.
Non si può semplicemente pensare che
basta decidere di non giocare. Non è così semplice, è come pensare che la
depressione non esista, che basti pensare positivo. Sono malattie, e non vuol
dire giustificare, vuol dire rendersi conto che vanno curate. Se toccano le
persone che amiamo non chiudiamoci nel silenzio, non isoliamoli, parliamo,
cerchiamo di aiutare. Cerchiamo di fare rumore! Se lo Stato non interviene,
cerchiamo dove possiamo di intervenire noi, perché i giocatori non sono
reietti, sono malati»