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sabato 30 giugno 2012

1096. Una moglie di un giocatore scrive allo Stato


Una bella lettera che descrive come un familiare vede il proprio marito cambiare, diventare un altro perché “deve” giocare.
Non si può semplicemente pensare che basta decidere di non giocare. Non è così semplice, è come pensare che la depressione non esista, che basti pensare positivo. Sono malattie, e non vuol dire giustificare, vuol dire rendersi conto che vanno curate. Se toccano le persone che amiamo non chiudiamoci nel silenzio, non isoliamoli, parliamo, cerchiamo di aiutare. Cerchiamo di fare rumore! Se lo Stato non interviene, cerchiamo dove possiamo di intervenire noi, perché i giocatori non sono reietti, sono malati»

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