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venerdì 12 luglio 2013

1927. Fare la giornalista freelance non è proprio il massimo

Ho letto il lungo e bello reportage di Francesca Borri, impegnata in Siria a raccontare i diversi aspetti di un conflitto che interessa a pochi, perchè gli editor vogliono il sangue e la morte, per il resto è meglio lasciar perdere.
La giornalista scrive che “la gente coltiva quest’immagine romantica del giornalista freelance che ha barattato la sicurezza dello stipendio fisso per la libertà di seguire quelle storie che l’affascinano di più. Ma noi non siamo affatto liberi; piuttosto, l’esatto contrario. La verità è che l’unico lavoro che oggi mi sia capitato è quello di trovarmi in Siria, dove non vuole andarci nessuno. E non si tratta neppure di Aleppo, per essere precisi; è la linea del fronte. Perché gli editor in Italia non chiedono altro che il sangue, gli scontri a fuoco. Io parlo degli Islamisti e della loro rete di servizi sociali, le radici del loro potere – un articolo decisamente più complesso da costruire di un racconto in prima linea. Mi arrovello per spiegare al meglio, non solo per commuovere, per colpire chi legge, e mi sento rispondere: “Cos’è 'sta roba? Seimila parole e non c’è nessun morto?” 

Forza Francesca, continua a scrivere di quello che credi importante. Prima o poi verrai ripagata per tutte le fatiche.

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