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giovedì 17 maggio 2012

967. I veterinari, o almeno una parte di loro, è spaventato, ma perché?


Spira un vento nuovo sul fronte della vivisezione, un vento che potrebbe perlomeno orientare diversamente milioni di persone, prima indifferenti a quel fenomeno violento e criminale al quale gli uomini hanno posto l’etichetta vivisezione. Un cambiamento che ha consigliato, forse in maniera poco opportuna, l’ Associazione nazionale medici veterinari italiani o ANMVI di scrivere un appello  al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, datato 7 maggio, dove gli chiedevano di farsi garante della necessità di non derogare neanche per ipotesi e neanche per un momento dalla sperimentazione sugli animali (o vivisezione) al fine di tutelare la salute umana.
E tuttavia, tolto l’affaire Green Hill-Montichiari, il vento che soffia sul recepimento della Direttiva 2010/63/UE non ha davvero niente di rivoluzionario, anzi. Se fosse approvato dalla Commissione del Senato e poi in Aula, l’articolo 14 non impedirà che uno stesso animale venga riutilizzato più volte anche in procedure che gli causano intenso dolore, angoscia e sofferenza; non vieterà che si possa sperimentare sui primati nella ricerca di base (quella che non è finalizzata alla ricerca di cure e medicine) e per semplici “affezioni umane debilitanti” (da notare che anche un banale raffreddore, anche un’influenza possono essere considerate affezioni “debilitanti”); non proibirà la sperimentazione su cani e gatti randagi né che i centri di ricerca possano sperimentare in un quadro di “procedure amministrative semplificate” anziché in un regime di autorizzazioni ufficiali.

Infine, come se non bastasse, c’è il famigerato articolo 2, che impedisce agli Stati membri dell’UE di dotarsi di misure più protettive nei confronti degli animali di quanto prescrive la Direttiva stessa. Detto in breve, significa che qualsiasi tentativo di rendere un po’ meno scandalosa la legge sulla vivisezione che stiamo per recepire è già morto sul nascere. La legge a questo proposito è chiarissima: niente può mettere in discussione il principio ispiratore della nuova Direttiva, che è quello di azzerare tutti gli ostacoli frapposti alla libera concorrenza. Se a qualcuno venisse in mente di approvare una norma che punti a un futuro senza vivisezione (per esempio rendendo obbligatori i metodi sostitutivi), se qualcuno osasse “proteggere” i propri animali da laboratorio una briciola in più degli altri Paesi, la Commissione Europea è lì apposta per bacchettare, bocciare, annullare. E allora, di che cosa ha paura la dirigenza dell’ANMVI?
Oscar Grazioli, consigliere di ASSOVET, in una sua precedente dichiarazione
“Da Cartesio in poi non siamo mai riusciti ad abbandonare un tragico errore metodologico che costringe l’umanità a sprofondare nel buio dell’Alzheimer, del Parkinson, della sclerosi e delle distrofie, studiate su cani, ratti, scimmie e anfibi, organismi completamente diversi dal nostro. Milioni di animali, ogni anno, subiscono nei laboratori avvelenamenti con sostanze chimiche, farmaci e cosmetici, induzione di malattie di ogni genere che sono solo uno specchio deformante, un’imitazione farlocca di quelle umane. Subiscono esperimenti senza senso, utili solo a gonfiare i punteggi per concorsi e stipendio […] La ragione umanitaria per cui questi sacrifici sono “necessari” rappresenta la più tragica balla che vi hanno mai raccontato".

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