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Secondo l’autore siamo infelici per noia, per competizione, per fatica e invidia, per il senso di colpa e mania di persecuzione oppure per paura dell’opinione pubblica. Possiamo essere felici se attraverso gli affetti, la famiglia, il lavoro, gli interessi personali, lo sforzo e la rassegnazione troviamo un equilibrio e una tensione verso la vita.
Un libro dedicato “a coloro che non sono soggetti ad alcuna grave causa di infelicità proveniente dall'esterno. Presuppongo un reddito sufficiente a garantire il cibo e un tetto, e uno stato di salute che permetta le attività fisiche normali. Non prendo in considerazione le grandi sciagure, quali la perdita di tutti i propri figli o una calamità pubblica. Vi è molto da dire su questi argomenti, e tutte cose importanti, ma appartengono a un ordine di cose diverse da quelle che desidero dire. Il mio intento è quello di suggerire un rimedio contro quel quotidiano, comune scontento del quale soffre la maggior parte della gente nei paesi civili e che è tanto più insopportabile in quanto, non avendo alcuna causa esterna evidente, sembra inesorabile. Io credo che tale scontento sia dovuto in gran parte a un modo errato di considerare il mondo, a un'etica sbagliata, ad abitudini sbagliate, che portano alla distruzione di quel gusto e di quell'appetito naturali per le cose possibili dai quali alla fine dipende tutta la felicità”.
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