Paulo
Freire pubblica in Italia nel 2008 quello che nel sottotitolo
definisce un nuovo approccio alla Pedagogia degli oppressi.
Personalmente la ritengo un interessante approfondimento di
importanti questioni, che l'autore analizza raccontando anche i suoi
tanti incontri in giro per il mondo, senza tralasciare particolari
autobiografici. Molto bella l'analisi della società e delle
tendenze, siamo nel 1992, che già si delineavano all'orizzonte e che
ora viviamo un po' tutti, come la globalizzazione e il neoliberismo.
Al centro la lotta di classe e l'inevitabilità di un cambiamento che
passa attraverso la comprensione del mondo. Compito degli educatori è
fornire gli strumenti e non riempire di contenuti gli educandi, in un
percorso sempre dialogico.
Una
delle categorie più importanti, perché fonte di riflessioni negli
scritti della Pedagogia degli oppressi, è il cosiddetto “inedito
possibile”. É una categoria poco commentata e probabilmente poco
studiata, che rinchiude in sé una fede nel sogno possibile e
nell'utopia che verrà – dal momento che quelli che scrivono la
storia così vogliono – speranze proprie di Freire.
Nessun commento:
Posta un commento