mercoledì 2 marzo 2016

3616. Medioevo militante


Tommaso di Carpegna Falconieri, docente di Storia medievale, pubblica nel 2001 questo interassante saggio, dove analizza come la sinistra e la destra attingano in maniera a volte identica ai miti del periodo medievale. Sottolineando che gran parte della “Storia” sia stati riscritta durante l'Ottocento e quello che in realtà conosciamo è una mitologia di un tempo di cui non abbiamo memoria. Tutto quell'affannarsi della politica e dei movimenti nazionali di ricollegare la propria esistenza a quel periodo storico è del tutto parziale e manipolativa.

Nobiltà è antichità: lo sanno tutti. Più una famiglia è in grado di risalire verso i tempi remoti, e più è da considerarsi illustre. Si può arrivare a Roma antica, agli eroi classici, o, più frequentemente, al medioevo: tutte le case aristocratiche ventano almeno un nonno crociato se non decidono di arrivare a un console o a un capo barbaro. Il meccanismo d'invenzione della tradizione, attraverso il quale si attribuiscono origini antichissime, anche ai parvenus, purché economicamente ben provvisti, è l'esatto corrispondente, in antico regime, di quanto si fece dalla fine del Settecento con il concetto di nazione trasferito alle genti. Lo stesso scivolamenteo di significato è accaduto alla parola razza: durante l'antico regime, razza significava stirpe aristocratica (ad esempio race capétienne) e non ha nulla a che vedere con una connotazione etnica. Dal punto di vista storiografico, ci troviamo di fronte a una democratizzazione delle “genealogie incredibili”, che leggiamo a chiare lettere in molti autori dei primi decenni del XIX secolo.

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