Tommaso di
Carpegna Falconieri, docente di Storia medievale, pubblica nel 2001
questo interassante saggio, dove analizza come la sinistra e la
destra attingano in maniera a volte identica ai miti del periodo
medievale. Sottolineando che gran parte della “Storia” sia stati
riscritta durante l'Ottocento e quello che in realtà conosciamo è
una mitologia di un tempo di cui non abbiamo memoria. Tutto
quell'affannarsi della politica e dei movimenti nazionali di
ricollegare la propria esistenza a quel periodo storico è del tutto
parziale e manipolativa.
Nobiltà
è antichità: lo sanno tutti. Più una famiglia è in grado di
risalire verso i tempi remoti, e più è da considerarsi illustre. Si
può arrivare a Roma antica, agli eroi classici, o, più
frequentemente, al medioevo: tutte le case aristocratiche ventano
almeno un nonno crociato se non decidono di arrivare a un console o a
un capo barbaro. Il meccanismo d'invenzione della tradizione,
attraverso il quale si attribuiscono origini antichissime, anche ai
parvenus, purché economicamente ben provvisti, è l'esatto
corrispondente, in antico regime, di quanto si fece dalla fine del
Settecento con il concetto di nazione trasferito alle genti. Lo
stesso scivolamenteo di significato è accaduto alla parola razza:
durante l'antico regime, razza significava stirpe aristocratica (ad
esempio race capétienne) e non ha nulla a che vedere con una
connotazione etnica. Dal punto di vista storiografico, ci troviamo di
fronte a una democratizzazione delle “genealogie incredibili”,
che leggiamo a chiare lettere in molti autori dei primi decenni del
XIX secolo.
Nessun commento:
Posta un commento