Boris
Cyrulnik pubblica in Italia nel 2009 questo libro che parla di
resilienza. Con il sottotitolo: strategie per superare le esperienze
traumatiche l’autore francese tratteggia le storie di molti bambini
sopravvissuti alla Shoah, alla seconda guerra mondiale, ai Tutsi e ad
altri catastrofici conflitti tra umani, molto diversi dalle
catastrofi ambientali. L’autore cerca di capire come sia possibile
attivare processi di resilienza, individuando quando succede e quando
invece purtroppo non succede.
I
bambini che si nascondono per non morire, poi nascondono di essere
stati nascosti. Coloro ai quali vengono nascoste le origini o le cui
origini si nascondono, ci insegnano che la nostra identità si
costruisce attraverso un racconto. Ma ci spiegano anche che questo
racconto intimo deve armonizzarsi con i racconti dell’ambiente
(familiare, sociale e culturale), affinché la nostra persona possa
condividere l’esistenza di coloro che sono attorno a noi. Un abisso
all’origine di sé turba l’identità. Un racconto non
condivisibile lacera le relazioni.
Per
provocare un processo di resilienza in una persona la cui identità e
i cui legami sono stati ridotti a brandelli, è necessario dapprima
agire sui racconti dell’ambiente, per preparare quest’ultimo ad
ascoltare questi racconti intimi, così difficili da esprimere. Non
si può parlare in qualsiasi momento, luogo o modo. I racconti di sé
devono armonizzarsi con i racconti del contesto. È solo a questa
condizione, in questo momento sensibile delle nostre storie
congiunte, che ci stupiremo di poter trasformare un così grande
dolore in un così grande piacere.
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