A
denunciarlo è la SIP, Società Italiana di Psichiatria, che
ovviamente racconta della situazione dal suo punto di contatto con i
pazienti. L'insulto, la minaccia, la prepotenza e la pressione sono
sicuramente aumentati e il passaggio all'atto violento è diventato
più frequente come tristemente riporta la cronaca. Le loro
osservazioni nascono nell'ambiente psichiatrico, ma analoghe
affermazioni, forse meno documentate, possono fornirle gli operatori
che lavorano con le Dipendenze e nei Servizi Sociali. Perché sono
dei luoghi destinati agli ultimi e quando gli ultimi non hanno nulla
da perdere difficilmente se la prendono con il politico di turno, più
facilmente aggrediscono il medico che non vuole (può) dare una
terapia o un assistente sociale che non vuole (può) dare un sussidio
economico. Nell'articolo si sottolinea, a mio parere giustamente,
come questo sia un problema di personale, ma anche di strutture
intese come luoghi fisici non adatti a ospitare e gestire determinate
situazioni di aggressività. Infine nell'articolo viene più spesso
ricordato l'uso di sostanze da parte di pazienti psichiatrici e di
come incida, ovviamente, sull'aggressività della maggioranza di
loro. Il problema è qui soprattutto di ordine organizzativo. In
molte Regioni la Psichiatria e le Dipendenze non lavorano insieme,
nel senso che non vengono trattate nello stesso ambulatorio. Tutto è
separato; o sei un paziente psichiatrico e sei un paziente
tossicodipendente, raramente entrambi e raramente c'è la presa in
carico congiunta. Così troppo spesso si finisce per passare ore o
ore a capire chi è che deve prendersi cura di tale persona, senza
alla fine aiutarla in maniera adeguata.
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