Pubblicata
all'interno de La scommessa, newsletter del Gruppo Azzardo
Ticino – Prevenzione.
L'interessante
sito qui.
Un grazie
infinito al Dottor Carlevaro per il sostegno in questi anni.
Mi
piacciono gli inventori di parole. Specialmente quando queste mancano
dolorosamente. In francese non lo si può fare. Se costruisci una
parola, magari utilissima, che però non si trova nel “Larousse”,
ti dicono che “ce n’est pas français”, e fanno finta di non
capirti. In italiano non è così, anche perché poi la nostra lingua
non è molto precisa. Ci si lamenta non a torto del termine
“ludopatia”, ma un altro termine non esiste. Lo stesso vale per
“nipote”, che impropriamente si usa sia per il nipote di zio, sia
poi per l’abbiatico, e persino per la parola “coscienza”, che
traduce sia la parola tedesca “Bewusstsein”, ossia la
“consapevolezza”, sia la parola “Gewissen” che indica la
“coscienza morale”. Forse anche per questo, da qualche anno, la
coscienza morale come strumento d’azione appare un po’ in
declino.
“Azzardopatia”.
Un termine da utilizzare e da diffondere. E un libro da leggere. Un
libro per giocatori, per familiari e per terapeuti. Quest’ultima
indicazione non mi pare data esplicitamente, ma la costruzione del
libro la evidenzia. È un libro a suo modo enciclopedico. E molto
pratico. “Enciclopedico” perché vi trovate tutto quello che è
importante da sapere sul gioco d’azzardo e sulla azzardopatia (non
sono la stessa cosa). Chiaro, preciso, senza fronzoli. Ma non
schematico. Propone anche molti esempi, e descrive una serie di
strumenti di diagnosi e di presa in carico, in un utile stile
cognitivo. Non so quanti lettori giocatori faranno tutti gli esercizi
(sono schede, questionari, inviti alla riflessione: ma l’autore
propone anche una chiave che permette di utilizzarli anche come
valutazione). Di certo faranno la felicità del lettore psicologo o
psichiatra che desidera affinare le sue conoscenze: non solo il
“sapere”, ma anche il “saper-fare”. Perché anche
l’azzardopatia ha la sua “logica”, biologica, psicologica,
relazionale, sociale, che bisogna conoscere e individuare a fondo se
si vuole essere efficaci come diagnosti e terapeuti. Altrimenti si
brancola nel buio.
La
costruzione del libro propone dapprima una introduzione, in cui si
discute (a proposito) del perché è difficile cambiare comportamenti
acquisiti, quand’anche fossero dannosi. Seguono quattro strade. La
prima tratta degli errori cognitivi riguardanti quel fenomeno mal
capito che sono gli avvenimenti casuali. E il fatto che in campo ci
siano anche veri e propri condizionamenti. Un tema importante, che
permette ai familiari di rendersi conto che si tratta davvero di una
malattia simile alle dipendenze. Fornisce anche utili informazioni
sull’organizzazione del gioco d’azzardo in Italia.
Il secondo
percorso tratta della difficoltà di gestire il denaro, un’altra
delle problematiche dei giocatori, proponendo strumenti in parte
utili, in parte necessari. Con accenni all’usura e alla mafia.
Il terzo
percorso tratta delle relazioni familiari. Ma anche come gestire le
proprie emozioni (vergogna, colpa), e dove però ci vuole anche un
occhio attento alle differenze (i minorenni, per esempio).
Il quarto
percorso tratta di tempo libero e di tempo di lavoro, ossia del fatto
che specialmente in Italia è difficile non incontrare una slot
machine nei vari bar. Bisogna sapere che cosa fare.
Sono
quattro percorsi molto variati, con esempi, riflessioni, riferimenti
per giocatori e per familiari, ben calibrati. Percorsi che poi in
pratica si incastrano l’uno nell’altro.
Seguono
alcuni capitoli specifici: sulle difficoltà dell’astinenza (la
brama del gioco), su come gestire le ricadute, e su come porsi degli
obiettivi raggiungibili.
La realtà
è che, per molte persone, l’unico “gioco responsabile” è il
non-gioco. Anche perché, a mio parere, ci sono mille cose al mondo
più interessanti con cui occupare il tempo, che non una serie
casuale di eventi, nella quale non esistono regole.
E leggete
anche l’introduzione di Daniela Capitanucci, che offre riflessioni
ben fondate, in un sano spirito critico.
Tazio
Carlevaro
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