Ovviamente è un po’ esagerato, ma da quest’anno cambia in maniera sostanziale la formazione universitaria del laureato in educazione professionale a tutto vantaggio di un più corposo percorso sanitario. Termina in primo luogo di essere un corso interfacoltà, in precedenza gestito da Medicina e Chirurgia, Scienze della Formazione e Psicologia, diventando a tutti gli effetti un corso che dipenderà solo dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia.
Cambiano il piano di studi, introducendo alcune materie “pregnanti” l’attività educativa come anatomia umana , farmacologia e diagnostica per immagini e radioterapia, aumentano le ore di tirocinio e il monte ore di didattica.
A Torino la direzione del corso è riuscita comunque a garantire la multidisciplinarietà dei saperi, ma succederà la stessa cosa negli altri Atenei?
Se i laureati di Scienze dell’Educazione non hanno titolo per lavorare nella sanità e questo rappresenta ovviamente un problema che prima o poi dovrà essere risolto a favore dei lavorati e dei neolaureati, mi sembra che chi ne ha titolo lo si voglia trasformare in qualcosa di neanche lontanamente avvicinabile a un educatore, il che mi rattrista molto.
Alla prossima riforma diventeremo degli infermieri o dei fisioterapisti?
La comunicazione completa dell’ateneo torinese qui
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