Lavorando
da qualche anno in un servizio pubblico per le dipendenze di Torino, ho come l’impressione
che i cocainomani non si percepiscano come persone che hanno un problema che
occorre risolvere. Questo mio pensiero nasce dalla constatazione che poche
persone si rivolgono al servizio per chiedere un aiuto. Certo la mia percezione
non rappresenta un dato statistico e potrebbe essere che si sia sparsa la voce
che non siamo assolutamente capaci a aiutare le persone che usano cocaina a
smettere, ma se escludiamo questi due ipotesi, credo che la cocaina sia
diventata normale, nel senso che c’è un gran consumo, ma nessuno o pochi si
preoccupano che potrebbe essere un problema.
Ho
anche l’impressione che i giornali, che un paio d’anni fa scrivevano del
pericolo cocaina, ora sembrano più preoccupati per altre emergenze. Per fortuna
c’è qualcuno che continua a occuparsene, documentando la filiera di produzione
dalla foglia di coca partendo dalla Colombia fino ad arrivare a Milano, la
città più drogata dell'Unione Europea con 180mila consumatori abituali, passando
per Platì, capitale della 'ndrangheta che controlla il narcotraffico. A
scriverlo è Andrea Amato, che pubblica per Newton Compton editori il libro: l’Impero
della cocaina.
Mentre
in Italia ci si preoccupa della faccenda con arresti e sequestri, ma il grosso
del traffico arriva sui mercati, in Messico continua la guerra che lo Stato ha
ingaggiato con il cartelli dei narcos. A Ciudad Juarez il cartello minaccia di
uccidere un poliziotto al giorno se il capo della polizia non se ne va. Dopo la
minaccia hanno lasciato trascorrere 48 ore e sono passati all’azione, uccidendo
due poliziotti, marito e moglie, freddati all’interno della loro vettura.
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