L'articolo
racconta dell'ultima, per ora, frontiera della precarietà per ora
solo inglese. Un contratto di lavoro flessibile al punto da non
garantire neanche un minimo di ore lavorative a settimana, una
pratica nata per studenti e giovani lavoratori, ma che in Regno Unito
hanno raggiunto una diffusione tale da regolare essere utilizzanti
in circa il 3.5percento dei contratti di lavoro. La cosa
raccapricciante, a mio avviso, è alla fine dell'articolo, dove
l'esperta di turno commenta in maniera laconica ma speranzosa che “in
Italia la storia è ben diversa, e la loro diffusione, spiega
Cassaneti, passa da un vero e proprio comportamento culturale. Una
piccola rivoluzione che per il momento non sembra essere
all’orizzonte”. Altro che piccola rivoluzione, ma forse la
Cassaneti non vede l'ora di veder introdutta per legge la schiavitù,
sempre nel Regno Unito però!
Nessun commento:
Posta un commento