Cala la notte |
Splendido
breve saggio del filosofo francese, che pone interessanti riflessioni
sulla natura umana, tra effimera trasgressione e adesione alla
Regola.
Ne riporto
un estratto.
Il
giocatore si difende a tutti i costi da un universo neutro, quello a
cui appartiene il caso oggettivo. Il giocatore pretende che tutto sia
passabile di seduzione, i numeri, le lettere, la legge che regola il
loro ordine seriale – vuole sedurre la Legge stessa. Il minimo
segno, il minimo gesto ha un senso, il che non significa una
concatenazione razionale, ma che ogni segno è vulnerabile da parte
di altri segni, ogni segno può essere sedotto da altri segni, e il
mondo è costituito da concatenazioni inesorabili che non sono quelle
della Legge.
Questa
è l’«immoralità» del gioco, così spesso rapportata, invece, al
fatto di voler vincere un mucchio di soldi tutto in una volta. Ma
sarebbe fargli troppo onore. Il gioco è molto più immorale di
questa velleità.
Ma
allora, se il gioco è un’impresa di seduzione del caso che si
serve di concatenazioni obbligate tra segno e segno del tutto
estranee a quelle tra causa ed effetto – ma anche a quelle,
aleatorie, tra serie e serie -, se il gioco tende ad abolire la
neutralità oggettiva del caso captando la sua «libertà»
statistica nella forma di un duello, di una sfida e di un rilancio
incessante, è un controsenso immaginare, come fa Deleuze nella
Logica del senso, un «gioco ideale» che consisterebbe nella
suddivisione illimitata del caso, in un continuo aumento di
indeterminazione che renderebbe possibile il gioco simultaneo di
tutte le serie, e quindi l’espressione radicale del divenire e del
desiderio.
Nessun commento:
Posta un commento