giovedì 24 gennaio 2013

1547. Dal prozac alla resilienza, in economia



Quando succedono eventi particolarmente significativi, alcune persone pensano che sia opportuno cambiare paradigma, perchè se è avvenuta una crisi, i presupposti di quel percorso erano sbagliati. In campo economico siamo passati all’uso del prozac, come ben scrive Giovanni Sartori che sottolinea come nel libro Prozac Leadership di David Collinson, sia definito che il crack è figlio di una cultura che «premiando l’ottimismo ha indebolito la capacità di pensare criticamente, ha anestetizzato la sensibilità al pericolo».
Dall’uso di un farmaco per anestetizzare coscienze e capacità di giudizio si passerà, forse, al concetto di resilienza in campo economico. Un concetto nato in campo siderurgico, per definire la capacità di un metallo di assorbire energia in caso di un urto, per passare al campo psicologico e pedagogico, per definire la capacità delle persone di resistere agli urti della vita. Come mai ci sono persone che reagiscono bene e altre che invece crollanodi fronte agli stessi problemi? La risposta è nella resilienza che inizia ad affascinare anche gli economisti, che sembrano usarla più come slogan, che come elemento su cui lavorare. Avendola citata Obama, diventerà la parola dell’anno, per essere soppiantata da chissà cos’altro, anche perchè se non si tratta di capitalismo sregolato, come viviamo oggi, quindi siamo ancora molto lontani dal concetto di resilienza come la conquista di politiche che investono nella scuola, nella riqualificazione dei lavoratori licenziati, nelle reti di protezione sociale e nella ricerca scientifica, almeno in Italia.

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