Quando
succedono eventi particolarmente significativi, alcune persone pensano che sia
opportuno cambiare paradigma, perchè se è avvenuta una crisi, i presupposti di
quel percorso erano sbagliati. In campo economico siamo passati all’uso del
prozac, come ben scrive Giovanni Sartori
che sottolinea come nel libro Prozac Leadership di David Collinson, sia
definito che il crack è figlio di una cultura che «premiando l’ottimismo ha
indebolito la capacità di pensare criticamente, ha anestetizzato la sensibilità
al pericolo».
Dall’uso
di un farmaco per anestetizzare coscienze e capacità di giudizio si passerà,
forse, al concetto di resilienza in campo economico. Un concetto nato in campo
siderurgico, per definire la capacità di un metallo di assorbire energia in caso di un urto, per
passare al campo psicologico e pedagogico, per definire la capacità delle
persone di resistere agli urti della vita. Come mai ci sono persone che
reagiscono bene e altre che invece crollanodi fronte agli stessi problemi? La
risposta è nella resilienza che inizia ad affascinare anche gli economisti, che
sembrano usarla più come slogan, che come elemento su cui lavorare. Avendola
citata Obama, diventerà la parola dell’anno, per essere soppiantata da chissà
cos’altro, anche perchè se non si tratta di capitalismo sregolato, come viviamo
oggi, quindi siamo ancora molto lontani dal concetto di resilienza come la
conquista di politiche che investono nella scuola, nella riqualificazione dei
lavoratori licenziati, nelle reti di protezione sociale e nella ricerca
scientifica, almeno in Italia.
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