Interessante
e lunga intervista pubblicata su Panorama, che spiega anche il
funzionamente cerebrale che sottostà alla dipendenza.
Nella
testa di tutti noi ci sono due circuiti coinvolti nelle dinamiche
relative alla modulazione comportamentale: il drive, che si
attiva con le sensazioni di piacere (per esempio gustando un cibo
prelibato) e il controller, che si trova nella corteccia
prefrontale e che ci dice se un’azione innescata dal drive è
corretta oppure no in termini di condotta sociale e personale. Nelle
persone vulnerabili il gioco diventa lo strumento per avere
appagamento: c’è l’eccitazione della vincita, ma anche un
effetto sedativo (mentre si gioca ci si dimentica dei problemi che
più ci affliggono) e in alcuni casi, per esempio chi vive in
solitudine, anche una gratificazione dovuta alla socializzazione (il
giocatore patologico non è emarginato come il tossicodipendente,
anzi è accettato nel contesto sociale). Tutti questi fattori, uniti
agli stimoli che subentrano mentre si gioca, come tintinnii e luci
colorate, rinforzano la continuazione del comportamento: il drive
diventa sempre più potente e il controller sempre meno efficace. Si
arriva cioè a un comportamento compulsivo fuori controllo. Non solo.
A quel punto nell’individuo affetto da GAP si manifesta anche una
distorsione cognitiva: nella mente del giocatore incallito persiste
l’errato pregiudizio che la vittoria sia a portata di mano; se il
soggetto ha perso quattro volte di seguito è assolutamente e
fermamente convinto che la quinta sia la volta buona, al contrario di
ciò che ragionevolmente affermano le leggi della statistica.
L’alterata capacità di inibire risposte automatiche accelera il
decorso della dipendenza aggravando le problematiche comportamentali.
Nessun commento:
Posta un commento