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giovedì 3 febbraio 2011

11. Memorie di un "giovane" educatore (parte 3)


L’operatore sociale che vuole comandare ma non vuole assumersi le responsabilità del ruolo 

Ne ho incontrati parecchi anche perché nel nostro belpaese tutti vogliono comandare e nessuno vuole lavorare!.
Di solito sono molto bravi con le parole e le sanno usare molto bene, al punto tale che portano il gruppo a prendere decisioni che credono proprie, invece non lo sono.
Agiscono solo per puro opportunismo e finalizzano tutto ad un loro tornaconto, difficilmente economico, più facilmente per immagine e gratificazione personale.
Amano circondarsi, quando ci riescono, di persone a cui far fare le cose, in modo che se dovessero andare male, loro non avranno alcuna responsabilità.

L’operatore sociale sindacalizzato
Ne ho incontrati alcuni, soprattutto negli enti pubblici.
La battuta migliore è: “Anche se non faccio niente lo stipendio lo prendo lo stesso” ed è proprio così. Normalmente sono persone che rivendicano una buona professionalità che è reale, peccato che le lamentele rappresentino il miglior modo di passare il tempo, piuttosto che passarlo a lavorare.
Sono abili a cavalcare l’onda emotiva che spesso nasce in un luogo di lavoro dopo qualche problema, rimanendo scandalizzati di fronte all’incompetenza altrui, ma presto viene tutto dimenticato e devono aspettare una nuova onda per far dimenticare, seppure momentaneamente, la loro assenza.

L’operatore sociale inetto
Ne ho incontrati parecchi, soprattutto tra quelle persone che erano lì a lavorare ma ambivano ad altro. L’errore non era proprio loro, ma di chi li aveva sistemati lì, ma piuttosto che tentare di imparare qualcosa, preferiscono andare avanti su una strada che non porta da nessuna parte, anche se con in tasca una laurea.

L’operatore sociale arrivato
Qualcuno ha incrociato la mia strada, ma non ho fatto mai in tempo a vedere che fine facevano. Finalmente, dopo anni di gavetta, è arrivato a fare il coordinatore o il presidente di una cooperativa o qualcosa di simile, per cui si gode il meritato premio. Peccato che se è arrivato lì, spesso, è perché i migliori hanno preso strade diverse oppure sono stati ostacolati da chi realmente gestisce il gioco, per cui sono lì solo per il volere di qualcuno che conta veramente. Il malcapitato, barcamenandosi spesso malamente in una posizione di comando, verrà prontamente rimpiazzato se dovesse iniziare a pensare con la propria testa.

L’operatore sociale troppo convinto
Ne ho incontrati alcuni.
Quella scintilla si scorge soprattutto nelle nuove leve, ma si stempera velocemente perché ai primi segni di impazienza da parte dell’équipe che mal tollera il vulcano di idee e di energie che egli spande, si adegua al ritmo degli altri oppure emigra verso altri lidi, ripetendo ovviamente l’errore.

L’operatore sociale molto estroverso
Ne ho incontrati pochi, ma mi sono bastati. Di solito hanno parecchie capacità relazionali, basati sulla difficoltà a stare in un angolo, necessitando di un riflettore puntato addosso per tutto l’orario lavorativo. Se imbrigliati offrono molto al gruppo, se non gestiti creano molti malumori, perché spesso lavorano alle spalle.

L’operatore sociale imboscato
Disgraziatamente per gli utenti ne ho incontrati molti. Credono di essere molto bravi, ma alla prima riflessione che gli si propone sul proprio mestiere non biascicano una parola, rimanendo a bocca aperta e cercando sostegno nelle menti vuote di qualcuno come loro. Se fanno gruppo è la fine di chiunque abbia quel minimo di intelligenza che permette di distinguere il bisogno dell’operatore da quello dell’utente.

L’operatore sociale inutile
Per fortuna ne ho incontrati pochi. Hanno più problemi delle persone che seguono, soprattutto di natura psicologica, per cui riversano sul malcapitato utente qualsiasi loro frustrazione. Occorre maneggiarli con cura e stare attenti a come i colleghi si rivolgono a queste persone, perché ci vuole un attimo a trasformarli in belve assatanate del tuo sangue.

L’operatore sociale troppo professionale
Se ne incontrano un po’ in tutti i settori, ma è più facile nel settore pubblico, dove di norma, chi è medico fa il medico, mentre nelle cooperative, chi è psicologo fa altro.
Ha un livello buono di professionalità che utilizza con veemenza per giustificare qualsiasi decisione presa. Ogni tanto però è talmente concentrato sul suo ombelico che dimentica che ci sono anche altri colleghi che lavorano con lui, per cui può capitare che si offenda quando riceve delle osservazioni che non condivide.

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