Tempi duri per gli educatori in Piemonte. L’ennesima DGR ha imposto nuovi tagli alle ASL in deficit e chi ne pagherà le conseguenze, oltre agli utenti, sono alcuni educatori che lavorano nei servizi territoriali assunti da una agenzia interinale e prestati all’ente pubblico, che non può assumere direttamente. All’ASL TO1, dei novanta professionisti interinali, tra infermieri, oss, terapisti della riabilitazione e educatori, ne sono stati salvati la metà, con la priorità riservata alle prime due categorie. Una guerra dei poveri che ha privilegiato chi è meno “povero” dell’altro, mentre il sindacato vagheggia qualche azione di rivendicazione e l’opinione pubblica vive all’oscuro del terribile impatto che l’operazione avrà sulle vite di tutti, sia nei servizi territoriali sia nei servizi ospedalieri. Uno degli ultimi casi di malasanità è stata la morte di un primario in pensione che è caduto da una barella ed è morto all’ospedale Molinette. Qualcuno la chiamerà fatalità, ma sono solo i primi segnali della riduzione del personale di sala, mentre il numero di dirigenti non accenna a diminuire. Chi può difendersi, come questa categoria, non viene toccato mentre chi ha pochissimi diritti e il contratto in scadenza non può certo permettersi di sopravvivere. Gli educatori quindi da domani non saranno più in servizio, come altri colleghi sanitari di sventura, ma quale impatto avrà la loro assenza lo scopriranno, ogni giorno, le persone che avevano in carico. La differenza sostanziale con l’ospedale, dove la cura è limitata nel tempo, è che nei servizi territoriali la presa in carico ha una durata variabile, di mesi o di anni. Un lungo periodo per entrare in relazione con la persona, acquistarne la fiducia ed accedere così alle sue risorse per iniziare il lungo percorso di cambiamento che, per esempio, porta a smettere di usare sostanze stupefacenti o alcol. Le ricadute sociali su questi profondi cambiamenti sono incalcolabili; oltre al benessere in famiglia, la persona richiederà meno interventi sanitari, meno accessi al pronto soccorso, meno spesa in medicine, meno mutua e più giornate lavorative, meno richieste di intervento della pubblica sicurezza, in un complessivo miglioramento della qualità della vita. In una politica sociale seria dovrebbe essere preso in considerazione l’intero processo e non solo il pareggio dei conti tagliando posti di lavoro, senza addizionare le ricadute sociali di questa scelta. Per non parlare della professionalità degli educatori, cresciuta anche grazie alla formazione aziendale, che andrà persa, un patrimonio di competenze che forse verrà utilizzato in un nuovo lavoro, sempre se si riesca a trovarlo. Questa politica fa acqua da tutte le parti ma qualcuno riuscirà a fermarli?
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