Dal
rapporto 2013 Don’t Bank on the Bomb, diffuso dalla Campagna internazionale per
la messa al bando delle armi nucleari (Ican), emerge che tra le 298 banche che
nel mondo continuano a sostenere finanziariamente aziende di questo settore ci
sono anche i primi due gruppi italiani del credito.
Negli
ultimi tre anni Intesa Sanpaolo ha investito circa 600 milioni di euro a
sostegno di Bechtel, Boeing, Eads, Fluor, Honeywell International, Northrop
Grumman e Thales. UniCredit invece, nonostante le dichiarazioni d’intenti
sull’astensione da questo settore, nell’ultimo triennio ha investito circa 1
miliardo di euro a sostegno di Eads, Honeywell International, Northrop Grumman,
Thales e ThyssenKrupp.
Dalla
black list delle “banche nucleari” sono uscite quest’anno una decina di
istituti di credito italiani (Monte dei Paschi di Siena, Mediobanca, Gruppo
Carige, Ubi Banca, Credito Emiliano, Banca Popolare di Milano, Popolare di
Sondrio, Popolare di Vicenza e Popolare dell’Emilia Romagna) che nei rapporti
passati figuravano in quanto sovvenzionatori di Finmeccanica, espunta per la
prima volta dall’elenco dell’Ican dopo aver annunciato al Norwegian Council on
Ethics la cessazione di ogni partecipazione ad attività produttive nel settore
degli armamenti nucleari. Fino al 2012 il gruppo italiano, come partecipante al
consorzio missilistico europeo Mbda, era coinvolto nella produzione dei missili
nucleari Asmpa per l’aviazione francese.
Certo che riuscire a combinare qualcosa di buono, per un cittadino qualsiasi è sempre più un problema e anche avere un conto in una banca può diventare un gesto politico, nel senso di orientare o no determinati comportamenti.
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