mercoledì 1 luglio 2015

3217. Il tradimento degli intellettuali e il gioco d'azzardo


Maurizio Fiasco firma questo interessante intervento sull'uso e sulla manipolazione delle parole quando si tratta di gioco d'azzardo. Per esempio nella Legge Finanziaria del 2002 che istituì le slot machine, le slot machine che ora si chiamano col loro nome, venivano però chiamate “videogiochi a gettone con vincita massima di 50 euro determinata dall'esercizio dell'abilità fisica, mentale e strategica”.
Continua sottileneando come questo gioco ha invaso la nostra società attraverso una palese violazione delle regole e attraverso plateali normative promozionali. Il gioco d'azzardo industrializzato e di massa è un gioco che combina alea, ovvero l'elemento casuale, con le tecnologie. E questa è già una differenza: la tecnologia rende programmabile il gioco.
Per questo – anche per questo – prevalgono i giochi a remunerazione modesta ma raggiungibili da tutti, con una gratificazione intermittente (si vince e si perde poco, nella singola partita o col singolo biglietto) e viene di conseguenza meno il valore compensatorio della vincita e dell'attesa della fortuna (il 13 al Totocalcio di un tempo, per capirci).
Si è estinta la fortuna, si è estinta l'attesa della fortuna, si è estinto persino il pensiero magico perché, attraverso la combinazione della tecnologia e l'uso esplicito dei risultati delle scienze cognitive e del comportamento, industrialmente, senza alcuna protezione, in spregio della Costituzione, si sono introdotte su larga scale le tecniche e i sistemi del condizionamento operante, ossia dell'induzione delle persone a ripetere meccanicamente dei comportamenti secondo i metodi di B. F. Skinner. Su questi comportamenti si è poi costruito un mercato finanziario derivato. Un'esperienza, quella del gioco di massa, a bassa soglia di accesso che impegna sempre più tempo di vita. Ricordiamo che ci sono due modi per contabilizzare il gioco: il denaro (tanto) e il tempo (tantissimo) che occorre per spendere quel denaro. E il tempo è scarso quanto il denaro. È il tempo di vita.
Questo essere contro le regole non poteva essere ignorato dalla retorica della politica, perché la Corte Costituzionale in una sentenza (numero 237) del 1975, lo aveva detto con chiarezza ribadendo il principio di divieto dell'apertura di sale da gioco, motivando la propria decisione proprio in base all'articolo 41 della Costituzione che prevede che l'iniziativa privata è libera, ma non può svolgersi a danno della salute.

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