Per
avere una idea del fenomeno occorrono dei dati, che poi vanno letti in maniera
appropriata. In questi giorni è stata presentata una nuova indagine condotta
dal Centro Studi e Ricerche Sociologiche "Antonella Di Benedetto" di
Krls Network of Business Ethics per conto di Contribuenti.it Magazine
dell'Associazione Contribuenti Italiani presentata oggi ad Aosta.
"L'Italia
ha il primato, in Europa, per la maggior cifra giocata al tavoli da gioco, una
media quasi 2.320 euro a persona, che vengono sottratti all'economia reale,
minorenni inclusi, il cui numero è passato in soli 3 anni da 860 mila unità a
3,6 milioni - ha affermato Vittorio Carlomagno presidente di Contribuenti.it
Associazione Contribuenti Italiani. L'Erario si preoccupa più di fare cassa che
di sensibilizzare sulle tematiche di dipendenza da gioco".
Alla
luce di quanto emerso dall'indagine di Contribuenti.it Magazine, da gennaio ad
settembre dell'anno in corso sono aumentate del 20,8% le perdite dovute alla
dipendenza da giochi e scommesse. I dati esposti rivelano che a un confronto
tendenziale, ossia in relazione al medesimo periodo dello scorso anno, le
perdite sono aumentate di 998 milioni di euro e il tendenziale massimo, alla
fine del 2012, potrebbe raggiungere il 30,3%.
Il
gioco legalizzato coinvolge ben 33,2 milioni di persone, tra di esse 8,4 milioni
giocano con frequenza settimanale. Il giro di affari nel 2012 potrebbe superare
gli 85miliardi di euro all'anno, in forte crescita rispetto ai 79 miliardi di
euro del 2011, ai 61 del 2010 e agli appena 16 del 2003.
Anche
il coinvolgimento di giocatori di età inferiore ai diciotto anni ha subito nel
2012 un forte incremento pari al 9,2%, ed in soli 3 anni sono passati da 860
mila unità a 3,6 milioni: a questa fascia è attribuibile il 34% di tutte le
giocate.
I
giocatori più incalliti sono quelli residenti in Molise con il 57%, segue la
Campania con il 51% e dalla Sicilia 50,7%. In ultimo posto troviamo quelli del
Trentino Alto Adige con il 31,9%.
1 commento:
In riferimento al comunicato emesso da Contribuenti.it il 28 ottobre, che riporta i risultati di un’indagine sul gioco d’azzardo svolta dal Centro Studi e Ricerche Sociologiche Antonella Di Benedetto di Krls Network of Business Ethics, l’Associazione Nazionale Sapar, nel proprio ruolo di maggiore organizzazione di rappresentanza a livello nazionale delle imprese operanti nel settore degli apparecchi da divertimento, manifesta il proprio sconcerto riguardo a numerose delle affermazioni fatte riguardo la realtà del gioco in Italia ed esprime totale dissenso nei confronti delle proposte avanzate in fase conclusiva.
Ci si stupisce, in primo luogo, del fatto che un “Centro Studi e Ricerche Sociologiche” continui ad usare indebitamente il termine di gioco d’azzardo, invece di gioco pubblico gestito direttamente dallo Stato in virtù della riserva che esso si è attribuito sin dal lontano 1948.
Certamente più deprecabile è l’affermazione che la cifra “giocata ai tavoli da gioco” (termine del tutto incomprensibile) viene sottratta all’economia reale. In effetti, come tutti i settori industriali, anche quello del gioco contribuisce alla formazione del Pil, all’occupazione, all’erario, generando un flusso di denaro sicuramente importante, ma che - è importante sottolinearlo - per il 77% (come affermato dall’Aams) torna nelle tasche dei giocatori.
Per quanto riguarda il gioco minorile e il gioco compulsivo, oltre all’estrema difficoltà che si ha nel tentare di capire cosa intende il comunicato in oggetto quando parla di “perdite dovute alla dipendenza da giochi e scommesse” (nell’ordine del 20,8%), si segnala l’assoluta arbitrarietà della cifra riportata sui “giocatori di età inferiore ai 18 anni”, pari a 3,6 milioni, ai quali sarebbe addirittura attribuibile il 34% di tutte le giocate, che non trova il benché minimo riscontro né nei controlli effettuati sinora dalle autorità competenti, né nelle ricerche svolte da istituti dalla massima autorevolezza quali Cnr, Conagga, Censis, Nomisma, ecc.
Al di là delle dissertazioni sui numeri, ciò che lascia esterrefatti è l’affermazione per cui “l’idea sarebbe quella di introdurre il divieto di gioco (d’azzardo) in tutti i luoghi pubblici, come è avvenuto con le sigarette. Un’ulteriore proposta è quella di applicare su tutti i giochi legalizzati un’imposta unica sostitutiva pari al 50% sulla vincita.”
Vietare il gioco pubblico e lecito nei luoghi pubblici è un controsenso che non richiede altri commenti, se non quello che, nel momento in cui si volesse fare tabula rasa, le organizzazioni criminali saranno pronte a riappropriarsi del comparto e ad attirare i giocatori verso ambienti del tutto insicuri e devianti, mettendo altresì a repentaglio la sopravvivenza di decine di migliaia di lavoratori del comparto e azzerando le entrate erariali che esso garantisce.
In merito alla questione fiscale, è solo opportuno ricordare che sulle NewSlot già vige un prelievo del 56% sull’incasso e che comunque sarebbe assurdo gravare tutti i prodotti di gioco della medesima aliquota, in quanto la tassazione prevista per ognuno di essi è studiata in ragione delle rispettive realtà di mercato, che sono molto diverse fra loro anche in ragione della differente configurazione delle varie filiere commerciali.
Da ultimo, la Sapar respinge con profondo sdegno l’affermazione del presidente di Contribuenti.it Vittorio Carlomagno, per cui “non sono pochi i giocatori fanno uso di sostanze stupefacenti o si prostituiscono per racimolare i soldi.” Rimanendo in attesa di una spiegazione su come un individuo possa racimolare soldi facendo uso di sostanze stupefacenti , si ritiene che una frase del genere sia dettata non certo dal buon senso - anche perché pure in questo caso manca, né potrebbe esistere, un dato attendibile di riscontro - ma soltanto dalla volontà di distruggere il comparto del gioco lecito, senza tenere minimamente in conto quali deleterie conseguenze provocherebbe il proibizionismo assoluto.
Ufficio Stampa SAPAR
Rosanna Palma
06/5807383
rosanna.palma@adnkronos.com
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