Ho
letto il lungo e bello reportage di Francesca Borri, impegnata in Siria a
raccontare i diversi aspetti di un conflitto che interessa a pochi, perchè gli
editor vogliono il sangue e la morte, per il resto è meglio lasciar perdere.
La
giornalista scrive che “la gente coltiva
quest’immagine romantica del giornalista freelance che ha barattato la
sicurezza dello stipendio fisso per la libertà di seguire quelle storie che
l’affascinano di più. Ma noi non siamo affatto liberi; piuttosto, l’esatto
contrario. La verità è che l’unico lavoro che oggi mi sia capitato è quello di
trovarmi in Siria, dove non vuole andarci nessuno. E non si tratta neppure di
Aleppo, per essere precisi; è la linea del fronte. Perché gli editor in Italia
non chiedono altro che il sangue, gli scontri a fuoco. Io parlo degli Islamisti
e della loro rete di servizi sociali, le radici del loro potere – un articolo
decisamente più complesso da costruire di un racconto in prima linea. Mi arrovello
per spiegare al meglio, non solo per commuovere, per colpire chi legge, e mi
sento rispondere: “Cos’è 'sta roba? Seimila parole e non c’è nessun
morto?”
Forza
Francesca, continua a scrivere di quello che credi importante. Prima o poi
verrai ripagata per tutte le fatiche.
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