Sono
antimilitarista e nonviolento, ma anche la vita di un soldato ha un valore e
che un numero così alto di persone sia morto o si sia ammalato per “servire” il
proprio paese e non sappia perché, la trovo l’ennesima oscenità di un Paese che
protegge e tutela capitale e capitalisti, quasi mai semplici soldati o cittadini.
Per
scoprire qualcosa è stato svolto il progetto “Signum”, lo Studio di Impatto
Genotossico Nelle Unità Militari promosso nel 2004 dal Ministro della Difesa
sui militari impegnati in Iraq nell’operazione “Antica Babilonia”, terminato
l’anno scorso ma finora mai pubblicato dal ministero della Difesa.
I
risultati dicono che nei soldati al termine della missione la quantità di
uranio impoverito nelle urine e nel sangue non è aumentata, bensì diminuita.
Nel loro organismo sono invece aumentati livelli di cadmio e nichel
(cancerogeni riconosciuti) ed è cresciuto il danno ossidativo sul dna dei
linfociti (cioè le cellule del nostro sistema immunitario che devono eliminare
gli agenti patogeni esterni) in chi svolgeva mansioni con impiego esterno, come
pattugliatori e conduttori, e in chi aveva subito 5 o più vaccinazioni o
ricevuto vaccini vivi attenuati. Un evento quest’ultimo maggiormente presente
in una frazione di popolazione “geneticamente suscettibile” (4% circa) e che,
spiega lo studio, “presumibilmente dipende da un fenomeno adattativo
all’immunità indotta dai cicli vaccinali”, ma che dovrebbe essere ulteriormente
approfondito, insieme al ruolo di altre variabili, quali stile di vita e
condizioni di impiego operativo.
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