venerdì 21 giugno 2013

1869. Così finisce l’avventura di un socio lavoratore di una cooperativa sociale



Non apprezzo molto la cooperazione sociale. Spesso dietro quell’etichetta si
nasconde un sistema di governo della cooperativa che troppe volte assomiglia alle peggiori aziende profit. Di certo il privato sociale deve poter competere con le classiche aziende, ma nasce per un motivo particolare e di questo dovrebbe non solo vantarsi, ma dovrebbero portare avanti con coerenza gli importanti valori che si sono assunti quando hanno l’hanno fondata e quando l’hanno scritto nero su bianco sullo statuto. Troppo spesso invece finisce come nel caso di Matteo. Chi lavora nelle cooperative è di per sè una persona fragile, che ha vissuto momenti difficili come il carcere e la tossicodipendenza. Con il tempo questi problemi si possono superare e avere un lavoro rappresenta la principale forma di inserimento sociale. Senza non vali molto. Matteo, sebbene abbia dimostrato davanti a un giudice che il suo licenziamento si basa su avvenimenti incosistenti, non ha più un posto di lavoro. Meglio le multinazionali: almeno lavori per soldi e sai con chi hai a che fare. Certo sarebbe interessante ascoltare l’altra parte, ma non credo che il mio pensiero potrebbe cambiare di molto. A loro difesa direbbero qualsiasi cosa.

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