Non
apprezzo molto la cooperazione sociale. Spesso dietro quell’etichetta si
nasconde un sistema di governo della cooperativa che troppe volte assomiglia
alle peggiori aziende profit. Di certo il privato sociale deve poter competere
con le classiche aziende, ma nasce per un motivo particolare e di questo dovrebbe
non solo vantarsi, ma dovrebbero portare avanti con coerenza gli importanti valori
che si sono assunti quando hanno l’hanno fondata e quando l’hanno scritto nero
su bianco sullo statuto. Troppo spesso invece finisce come nel caso di Matteo.
Chi lavora nelle cooperative è di per sè una persona fragile, che ha vissuto
momenti difficili come il carcere e la tossicodipendenza. Con il tempo questi
problemi si possono superare e avere un lavoro rappresenta la principale forma
di inserimento sociale. Senza non vali molto. Matteo, sebbene abbia dimostrato
davanti a un giudice che il suo licenziamento si basa su avvenimenti
incosistenti, non ha più un posto di lavoro. Meglio le multinazionali: almeno
lavori per soldi e sai con chi hai a che fare. Certo sarebbe interessante
ascoltare l’altra parte, ma non credo che il mio pensiero potrebbe cambiare di
molto. A loro difesa direbbero qualsiasi cosa.
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