Sergio
Rizzo e Gian Antonio Stella firmato questo dettagliato articolo del Corriere
della Sera e ci sono casi che riguardano tutte le Regioni, da nord a sud. Fra
2000 e 2009, mentre il Pil pro capite restava fermo per poi addirittura
arretrare di cinque punti, le uscite delle Regioni italiane sono lievitate da
119 a 209 miliardi di euro. Ormai rappresentano più di un quarto di tutta la
nostra spesa pubblica. La crescita, dice la Cgia di Mestre, è stata del 75,1%:
un aumento in termini reali, contata l’inflazione, del 53%. Oltre il doppio del
pur astronomico incremento reale (25%) registrato nello stesso periodo dalla
spesa pubblica complessiva, passata al netto degli interessi sul debito da 581
a 727 miliardi. Parliamo di 89,7 miliardi «in più» ogni anno, di cui appena la
metà, ovvero 45,9 miliardi, addebitabili a quella sanità che rappresenta la
voce più problematica dei bilanci regionali. In testa tra gli enti che più
hanno accelerato c’è l’Umbria, dove le spese sono salite del 143%, seguono
l’Emilia-Romagna (+125%), la Sicilia (+125,7%), la Basilicata (115,2%), il Piemonte (+91,8%) e la Toscana
(+84,6%). I due giornalisti si domandano, infine, se era indispensabile di
questi tempi, investire 16,3 milioni di euro come ha fatto il Consiglio
regionale del Piemonte per rilevare e ristrutturare la ex sede torinese del
Banco di Sicilia. Per fortuna che Cota ha fatto di tutto per ridurre i costi
della Sanità. Fumo negli occhi per disperdere denaro in milla altri rivoli il
cui senso solo lui e i suoi alleati conoscono, ma che qualcuno potrebbe
intuire.
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