Fred
Coolidge, dell’Università di Colorado Springs, durante le sue ricerche ha
concluso che le personalità dei dittatori del XX secolo rivelano una confluenza
di cinque disordini. «Sono narcisisti, sadici, privi di empatia (antisociali),
paranoidi (ipersensibili alle minacce percepite) e schizoidi (emozionalmente
freddi)». Ma non sono tutti uguali. Quando nel 1939 Carl Gustav Jung incontra
Hitler e Mussolini a Berlino, riporta impressioni opposte sui due alleati. Il
tedesco non ha mai riso, è sempre stato di malumore. Sembrava asessuato e
inumano, animato da un solo proposito: instaurare il mitologico Terzo Reich. A
Jung ispirava paura. Mussolini in confronto gli era sembrato «un uomo
originale», dotato di «energia e calore».
Interessante
capire come è stata o è la struttuta di personalità di una persona che ha
commesso genocidi, provocato guerre e sofferenze per milioni di persone, ma a
me incuriosisce di più come mai queste persone che, incontrare al di fuori del
contesto verrebbero curate o rinchiuse, nel loro periodo storico e nella loro nazione
riescono a prendere il potere e trasformre tutto in morte e distruzione.
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