Spira
un vento nuovo sul fronte della vivisezione, un vento che potrebbe perlomeno
orientare diversamente milioni di persone, prima indifferenti a quel fenomeno
violento e criminale al quale gli uomini hanno posto l’etichetta vivisezione.
Un cambiamento che ha consigliato, forse in maniera poco opportuna, l’ Associazione
nazionale medici veterinari italiani o ANMVI di scrivere un appello al presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano, datato 7 maggio, dove gli chiedevano di farsi garante della
necessità di non derogare neanche per ipotesi e neanche per un momento dalla
sperimentazione sugli animali (o vivisezione) al fine di tutelare la salute
umana.
E
tuttavia, tolto l’affaire Green Hill-Montichiari, il vento che soffia sul
recepimento della Direttiva 2010/63/UE non ha davvero niente di rivoluzionario,
anzi. Se fosse approvato dalla Commissione del Senato e poi in Aula, l’articolo
14 non impedirà che uno stesso animale venga riutilizzato più volte anche in
procedure che gli causano intenso dolore, angoscia e sofferenza; non vieterà
che si possa sperimentare sui primati nella ricerca di base (quella che non è
finalizzata alla ricerca di cure e medicine) e per semplici “affezioni umane
debilitanti” (da notare che anche un banale raffreddore, anche un’influenza
possono essere considerate affezioni “debilitanti”); non proibirà la
sperimentazione su cani e gatti randagi né che i centri di ricerca possano
sperimentare in un quadro di “procedure amministrative semplificate” anziché in
un regime di autorizzazioni ufficiali.
Infine,
come se non bastasse, c’è il famigerato articolo 2, che impedisce agli Stati
membri dell’UE di dotarsi di misure più protettive nei confronti degli animali
di quanto prescrive la Direttiva stessa. Detto in breve, significa che
qualsiasi tentativo di rendere un po’ meno scandalosa la legge sulla
vivisezione che stiamo per recepire è già morto sul nascere. La legge a questo
proposito è chiarissima: niente può mettere in discussione il principio
ispiratore della nuova Direttiva, che è quello di azzerare tutti gli ostacoli
frapposti alla libera concorrenza. Se a qualcuno venisse in mente di approvare
una norma che punti a un futuro senza vivisezione (per esempio rendendo
obbligatori i metodi sostitutivi), se qualcuno osasse “proteggere” i propri
animali da laboratorio una briciola in più degli altri Paesi, la Commissione
Europea è lì apposta per bacchettare, bocciare, annullare. E allora, di che
cosa ha paura la dirigenza dell’ANMVI?
Oscar
Grazioli, consigliere di ASSOVET, in una sua precedente dichiarazione
“Da Cartesio in poi non siamo mai
riusciti ad abbandonare un tragico errore metodologico che costringe l’umanità
a sprofondare nel buio dell’Alzheimer, del Parkinson, della sclerosi e delle
distrofie, studiate su cani, ratti, scimmie e anfibi, organismi completamente
diversi dal nostro. Milioni di animali, ogni anno, subiscono nei laboratori
avvelenamenti con sostanze chimiche, farmaci e cosmetici, induzione di malattie
di ogni genere che sono solo uno specchio deformante, un’imitazione farlocca di
quelle umane. Subiscono esperimenti senza senso, utili solo a gonfiare i
punteggi per concorsi e stipendio […] La ragione umanitaria per cui questi sacrifici
sono “necessari” rappresenta la più tragica balla che vi hanno mai
raccontato".
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