mercoledì 14 marzo 2012

719. In Cina capitano cose veramente particolari


Che il continente asiatico sia un mistero per noi occidentali credo sia abbastanza intuibile. Non solo la globalizzazione, ma il loro atteggiamento verso il mondo esterno è particolare, per cui sono rimasto colpito, ma solo in parte, di sapere che estiste un reality molto seguito dal titolo: “Interviste prima dell’esecuzione”, andato in onda dal 18 novembre 2006 fino a venerdì scorso. Davanti alle telecamere, per duecento puntate, ha portato davanti al pubblico altrettanti condannati a morte, in genere proprio nell’ultimo giorno della loro vita. Un successone, con quaranta milioni di spettatori incollati ai teleschermi ogni sabato sera, e uno straordinario trampolino di lancio per la giornalista Ding Yu, non a caso conosciuta come “la Bella con le Bestie”.
L’incantesimo oggi si è spezzato, perché tutti in Cina erano estremamente convinti della bontà della trasmissione, quando un documentario di un regista australiano, trasmesso lunedì dalla Bbc con il titolo “Dead Man Talking”  ha convinto i produttori della tv cinese della provincia di Henan a interrompere le trasmissioni adducendo non meglio precisati problemi interni.
Interessante come, tra le motivazioni che rendevano utile il programma, vi fosse l’idea che raccontare casi del genere potesse servire d’esempio.
Il motto di Mao Tze-Tung: punirne uno per educarne cento è ancora molto ben radicato nella cultura cinese, e non solo in quella mi risulta.

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