Non
conosco le bellezze architettoniche o naturalistiche, ma in quel paese del
SudAmerica non esiste più il gioco d’azzardo, almeno quello gestito dallo
Stato. A maggio dell'anno scorso il governo di Rafael Correa aveva chiesto
l'opinione dei cittadini con un referendum, al quale la maggioranza degli
ecuadoregni aveva risposto sì all'interdizione al gioco. A settembre c'era già
stata una prima ondata di chiusure di sale giochi e bingo, ma fino a pochi
giorni fa erano attivi ancora otto casinò, ospitati nei principali hotel di
Quito e di Guayaquil che ora sono diventati tutti vietati per legge. “Incredibilmente”
il quesito relativo alle sale da gioco fu giustificato dal presidente Correa
con la necessità di frenare le scommesse, capaci di deteriorare moralmente la
società e generare l'indebitamento illegale di troppa gente.
Ora
non so se le motivazioni non ufficiali siano altre e non conosco la situazione
degli ecuadoregni, ma leggere che un presidente si preoccupa per il
deterioramente morale dei suoi cittadini legato al gioco d’azzardo, mi fa
sperare ancora nell’umanità.
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