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in Italia nel 2002, è stato scritto dal giornalista americano, dopo un paio di
anni trascorsi a raccogliere interviste e vedere di persona quello che negli
USA è l’impero dei fast food. Una delle principali aziende americane e uno dei
simboli che ora campeggiano praticamente ovunque nel mondo. Viene raccontata
come nasce questo nuovo modo di consumare cibo, le strategie di marketing,
finanziarie e di lobbismo che stanno dietro a questo importante settore
economico, passando per l’analisi degli ingredienti base: patatine, hamburger e
persone.
Alcune
cose, tra le molte, che mi hanno colpito leggendo il libro è che spesso i
fast-food sono rapinati da dipendenti o da ex-dipendenti, oppure che esistono
aziende specializzate nella costruzione chimica di aromi, sapori artificiali
che finiscono per dare sapore a cibo spesso insapore. Centinai di persone,
spesso analfabeti e stranieri, sono morte o sono state mutilate dai macchinari
presenti nei macelli americani, che nel 78,6% della carne per hamburger sono
presenti microbi diffusi principalmente attraverso il materiale fecale e che
esistono anche grandi aziende che riescono a fare dei buoni hamburger con buone
carni e che pagano degnamente i lavoratori. L’autore scrive che “c’è una semplice spiegazione del perché
mangiare un hamburger oggi può mandarvi all’ospedale: nella carne c’è merda”.
Il
libro termina così: “spalancate la porta
a vetri, sentite il soffio dell’aria condizionata, entrate, mettetevi in fila e
gaurdatevi intorno, guardate i ragazzini che lavorano in cucina, i clienti
seduti ai tavoli, le pubblicità dell’ultimo giocattolo, studiate le fotografie
illuminate lassù, dietro al bancone, pensate a da dove arriva il cibo, a come e
dove è stato fatto, a cosa viene messo in moto da ogni singolo acquisto di fast
food, a come l’effetto si propaga, vicino e lontano: pensateci. Poi ordinate.
Oppure fare dietrofront e uscite. Non è mai troppo tardi. Persino in questa
nazione fast food, potet ancora fare come vi pare”.
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